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come ha commentato Martini 36 , in virtù del<strong>la</strong> persistenza di rapporti tra questi e le<br />

organizzazioni criminose che operano all’esterno.<br />

La scarsa attenzione prestata al fenomeno mafioso dal<strong>la</strong> legis<strong>la</strong>zione del 1975,<br />

impegnata in via prioritaria nel<strong>la</strong> lotta al terrorismo politico, ha fatto sì che il carcere<br />

riflettesse lo stesso sistema gerarchico esterno e lo strapotere del<strong>la</strong> delinquenza<br />

organizzata. Si tradusse, difatti, in un trattamento “privilegiato” nei confronti dei<br />

mafiosi, specie verso i grandi boss, per i quali il carcere, fino al<strong>la</strong> previsione del 41 bis<br />

del ‘92, non era mai stato considerato talmente afflittivo da avere efficacia deterrente,<br />

anzi riusciva a garantire, per taluni detenuti, un elevato tenore di vita tale da far valere<br />

al carcere di Palermo l’espressione ‘Gran Hotel dell’Ucciardone”, nel quale<br />

“circo<strong>la</strong>vano donne e champagne 37 ”, “pasti che arrivavano dai migliori ristoranti del<strong>la</strong><br />

città, feste, (...) 38 ”.<br />

Tutti i mafiosi mettono in conto di finire in carcere primo o poi ma tale eventualità<br />

veniva considerata un normale rischio del mestiere che per taluni anzi non faceva altro<br />

che aumentare il proprio prestigio personale, arricchendo il curriculum criminale.<br />

La mafia regna, così, anche negli istituti detentivi, impartendo ordini, dirigendo gli<br />

affari e organizzandosi sia all’interno che all’esterno.<br />

Durante le ore di socialità, ad esempio, si tenevano delle riunioni con altri mafiosi per<br />

mezzo delle quali era possibile scambiare informazioni, pianificare strategie comuni e<br />

in alcuni casi, persino, ordinare omicidi da effettuare sia all’esterno che all’interno.<br />

Attilio Bolzoni 39 , a tal proposito, ricorda come in uno dei colloqui con il figlio, il boss<br />

Vito Vitale di Partinico, detenuto presso il carcere di Palermo, avesse ordinato<br />

l’uccisione di un uomo di San Giuseppe Jato, mentre nel carcere di Siracusa, Santo<br />

Mazzei, sicario catanese amico di Totò Riina, “sorvegliato a vista 24 ore su 24”, poteva<br />

telefonare tranquil<strong>la</strong>mente con un cellu<strong>la</strong>re nascosto nel materasso.<br />

Mantenere il “flusso del<strong>la</strong> comunicazione” con l’organizzazione di appartenenza era un<br />

gioco da ragazzi. Proprio a questo volle porre rimedio l’istituzione del comma 2 dell’art.<br />

41 bis.<br />

I destinatari, come scritto sul<strong>la</strong> normativa, sono detenuti o internati per i delitti previsti<br />

dal comma 1 dell’art. 4-bis (istituto che disciplina <strong>la</strong> limitazione e il divieto del<strong>la</strong><br />

concessione dei benefici e delle misure detentive alternative per specifici tipi di reato)<br />

fra cui, ovviamente, il 416 bis. Inoltre s’indirizzava verso singoli detenuti senza nessuna<br />

36 Martini A., in Legis<strong>la</strong>zione penale.<br />

37 http://www.archiviostampa.it/it/articoli/art.aspx?id=5738.<br />

38 Lucarelli C., La mattanza.<br />

39 http://www.archiviostampa.it/it/articoli/art.aspx?id=5738<br />

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