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E ancora «Sono a lutto. Mio marito è morto anche se non lo è fisicamente». Il lutto che<br />

portava voleva essere un segno esterno di considerazione del pentito come morto.<br />

Anche i fratelli e i figli di Favaloro si dissociano e dichiarano di non voler avere più<br />

rapporti con lui. Il figlio Giuseppe al<strong>la</strong> domanda dei giudici sul perché non andasse a<br />

trovare il padre in carcere, risponde: « (...) con quell’uomo non voglio avere niente a<br />

che fare 287 ».<br />

La famiglia naturale ancora una volta rinnega un suo membro perché ha infranto <strong>la</strong><br />

legge del<strong>la</strong> famiglia mafiosa.<br />

Non si differenzia <strong>la</strong> reazione del<strong>la</strong> moglie di Gioacchino Pennino, Rita D’Angelo.<br />

Indicato come il primo “politico pentito”, Gioacchino Pennino è un medico nato in una<br />

famiglia mafiosa, che si è dedicato al<strong>la</strong> politica nelle fi<strong>la</strong> del<strong>la</strong> DC.<br />

La moglie non ha mai avuto nul<strong>la</strong> da ridire sul marito mafioso ma in quanto<br />

col<strong>la</strong>boratore prende le distanze da lui e lo rinnega sia come marito che come padre dei<br />

suoi figli. Ci tiene a far sapere che il pentimento: «E’ una carognata, non mi sarei mai<br />

aspettata da lui una cosa del genere (...) Io con Pennino non ho nul<strong>la</strong> a che spartire 288 ».<br />

Pennino ha rotto con questo mondo mentre sembra invece che <strong>la</strong> moglie vuole rimanerci<br />

e vuole che continuino a farne parte anche i figli.<br />

Una vera e propria “spedizione punitiva 289 ” è stata, invece, <strong>la</strong> reazione di Danie<strong>la</strong><br />

Scalzo, moglie di Giuseppe Tramontana, affiliato a una delle tante cosche di San<br />

Cataldo, che nel 1993 diventa col<strong>la</strong>boratore. La moglie, allora appena ventiduenne, si<br />

vendica appiccando il fuoco all’abitazione in cui viveva con il marito, che <strong>la</strong>scia per<br />

mettersi con un appartenente del<strong>la</strong> banda avversaria, e non contenta incendia anche<br />

l’abitazione dei genitori di Giuseppe, danneggiando, per fortuna, solo il portone<br />

d’ingresso: un gesto ec<strong>la</strong>tante per rendere nota <strong>la</strong> sua dissociazione da quell’infame.<br />

Spietata è, pure, <strong>la</strong> reazione dei familiari al<strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione dei fratelli Pasquale ed<br />

Emanuele Di Filippo, arrestati nel 1994. Il loro contributo fu decisivo all’indagine per<br />

portare al<strong>la</strong> cattura del boss Leoluca Bagarel<strong>la</strong>.<br />

La sorel<strong>la</strong> Agata, moglie di Nino Marchese - da 12 anni in carcere ma mai pentito -<br />

definisce i fratelli “infami e tragediatori” dichiarando: «Ci dissociamo completamente<br />

dall’operato di quegli esseri infami. Siamo chiusi in casa per <strong>la</strong> vergogna 290 …» E<br />

proprio perché “distrutta dal<strong>la</strong> vergogna”, tenterà il suicidio.<br />

287 Ibidem, p. 43.<br />

288Puglisi A., Donne, mafia e antimafia, p. 46.<br />

289http://archiviostorico.corriere.it/1993/dicembre/07/fuoco_per_punire_marito_pentito_co_0_931207101 72.shtml.<br />

290 Principato T., Dino A., Mafia donna. Le vestali del sacro e dell’onor, p. 16.<br />

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