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Dunque, <strong>la</strong> dissociazione, secondo Fiore 304 , è un modo per le donne di opporsi al crollo<br />
del mito dell’uomo d’onore che esse proiettano sull’uomo a cui era stato loro insegnato<br />
di essere obbedienti e fedeli.<br />
Il magistrato Michele Prestipino 305 ritiene che, paradossalmente, per molte di queste<br />
donne sarebbe più vantaggioso sotto il profilo economico e del rispetto, essere <strong>la</strong> moglie<br />
di un 41 bis piuttosto che di un pentito, perché così acquista maggiore importanza.<br />
Per <strong>la</strong> madre, poi, <strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione rappresenta il segno evidente del fallimento nel<br />
delicato compito di formare ed educare un perfetto uomo d’onore, attorno al quale ruota<br />
<strong>la</strong> sua vita, e che perciò viene sentito come un fallimento esistenziale.<br />
Sono donne che hanno accettato ed interiorizzato quei disvalori del sentire mafioso, di<br />
cui sono le custodi indiscusse, che fanno dello Stato il nemico da annientare; donne che,<br />
prendendo le parole di Falcone 306 , “non si sono ancora schierate con <strong>la</strong> cultura del<strong>la</strong><br />
vita”. Cosa Nostra, così, nel<strong>la</strong> scontata certezza del<strong>la</strong> sicura condivisione del sistema e<br />
dei metodi mafiosi, ha fatto di loro un ottimo freno contro <strong>la</strong> penetrazione di valori<br />
altri, valori statuali.<br />
Tale quadro trova conferma nel potere educativo esercitato dalle madri sul progetto di<br />
vita dei ragazzi nati in famiglie mafiose. Non è raro nel caso di minorenni condannati<br />
per associazione di stampo mafioso, che siano proprio le madri ad impedire ai figli<br />
d’intraprendere un percorso alternativo al crimine proposto dal Tribunale dei minorenni:<br />
basta un solo colloquio con lei perché il giovane - dopo aver dato qualche speranza per<br />
un percorso col<strong>la</strong>borativo - si richiuda in sé.<br />
Dunque, è anche per fedeltà al<strong>la</strong> cultura mafiosa che ri<strong>la</strong>sciano p<strong>la</strong>tealmente<br />
dichiarazioni rinnegando gli “infami” ad alta voce, concedendo interviste, convocando<br />
conferenze stampa, inscenando rivolte e mostrandosi <strong>la</strong>mentose e sofferenti a effetto.<br />
C<strong>la</strong>udio Fava 307 crede che queste donne recitino, che sia solo finzione, una “finzione”,<br />
però, che si presenta spesso come l’unica vera “realtà” nel<strong>la</strong> quale poter trovare un<br />
qualche spazio espressivo. Infatti, «(…) Vivono il loro ruolo, <strong>la</strong> parte che è stata loro<br />
assegnata, con rassegnata abitudine. Non è semplicemente disprezzo dei loro uomini<br />
che queste mogli raccontano: è piuttosto una fuga teatrale nell’unica geografia che<br />
hanno vissuto, nell’unica gerarchia che hanno conosciuto: quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> mafia (...)<br />
Recitano le donne dei pentiti perché è ciò che i mafiosi vogliono da loro 308 ».<br />
304 Fiore I., Le radici inconsce dello psichismo mafioso.<br />
305 Cit. in Ingrascì O., Donne d’onore.<br />
306 Falcone G., Padovani M., Cose di Cosa Nostra, p. 85-86.<br />
307 Dino A., in Segno n. 172, febb. 1996.<br />
308 Cit. in Puglisi A., Donne, mafia e antimafia, p. 50.<br />
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