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Partecipare a un’azione violenta risponde, generalmente, a una logica rigorosa, che fa di<br />

Cosa Nostra l’organizzazione temibile che è, per cui seguendo questa lucida strategia,<br />

l’uccisione di uomini, donne, bambini, diventa funzionale ad aumentare il clima di<br />

terrore e a mostrare un potere che è assoluto, totale.<br />

«Le rappresaglie, le più ripugnanti, quelle che sporcano le mani e appaiono al cittadino<br />

onesto inutilmente crudeli, non sono mai eseguite a cuor leggero, ma solo per senso del<br />

dovere 145 ».<br />

La crudeltà, <strong>la</strong> violenza omicida, infatti, diventano legittimi se rispondono ai voleri<br />

dell’Onorata Società, anzi divengono un “mestiere”, pura routine, un mezzo ordinario<br />

per affermare un potere che è profondamente infetto di morte.<br />

Il male che caratterizza tale mondo, è grezzo, gratuito, brutale e normale insieme. A tal<br />

proposito, <strong>la</strong> Siebert, riprendendo le analisi condotte da Hannah Arendt in riferimento ai<br />

crimini nazionalsocialisti, par<strong>la</strong> di una certa “banalità del male”: un male «mai<br />

“radicale”, ma soltanto estremo 146 », superficiale, che non possiede né profondità né una<br />

dimensione demoniaca, un male che sfida e frustra il pensiero nel<strong>la</strong> sua costante ricerca<br />

di profondità, un male che, quindi, è privo del pensiero stesso.<br />

145 Falcone G., Padovani M, Cose di Cosa Nostra, p. 32.<br />

146 Cit. in Siebert R., La mafia, <strong>la</strong> morte e il ricordo, p. 17.<br />

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