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tutti i giornali hanno definito “il boss dei due mondi” (...) considero moralmente<br />

annul<strong>la</strong>to il rapporto consanguineo (...) Io non mi voglio più chiamare Buscetta 274 ».<br />

La signora Buscetta non ha mai avuto da ridire sul fratello mafioso ma ora che <strong>la</strong><br />

vendetta trasversale ha colpito il marito, lo rinnega. Dopo alcuni anni, nel luglio del<br />

1993, telefona a “Italia Radio” per par<strong>la</strong>re con Luciano Vio<strong>la</strong>nte, allora vicepresidente<br />

del<strong>la</strong> Commissione Antimafia, chiedendo “un impegno diverso dallo Stato” dato che, a<br />

differenza di altri familiari delle vittime del<strong>la</strong> mafia a cui hanno dato protezione e<br />

<strong>la</strong>voro, loro non hanno avuto niente. Tuttavia, anche in quell’occasione continua a<br />

ribadire il distacco con il fratello: «Non lo posso sentire neanche nominare, perché mi<br />

ha levato <strong>la</strong> pace del<strong>la</strong> mia famiglia 275 (...)».<br />

Il caso di Rosalia Basile, moglie di Vincenzo Scarantino, imputato del<strong>la</strong> strage<br />

Borsellino, illustra benissimo, altresì, questo nuovo scenario. In seguito al<strong>la</strong><br />

col<strong>la</strong>borazione del marito, lo accusa di essere “un bugiardo ed un infame”,<br />

screditandolo, addirittura, con affermazioni circa sue inclinazioni omosessuali. Tuttavia,<br />

si riunirà a questo raggiungendolo nel luogo di protezione.<br />

Le donne di casa Scarantino avevano già avuto un ruolo subito dopo l’arresto di<br />

Vincenzo, quando manifestano, insieme agli abitanti del quartiere Guadagna,<br />

sostenendo con sicurezza l’innocenza del loro congiunto e ritornando a protestare<br />

quando lo stesso inizia a col<strong>la</strong>borare e <strong>la</strong> moglie e i tre figli andranno sotto protezione.<br />

Stavolta, però, non useranno parole di scomunica e di biasimo ma s’ingegneranno nel<br />

far credere che Vincenzo sia stato “costretto” a col<strong>la</strong>borare attraverso metodi discutibili<br />

delle forze dell’ordine. Così, <strong>la</strong> madre, Giuseppa De Lisi, e <strong>la</strong> suocera, in maniera<br />

teatrale, s’incatenano al<strong>la</strong> cancel<strong>la</strong>ta del Tribunale e inalberano cartelli con le scritte<br />

«Sequestrati “legalmente” una moglie e tre figli» mentre sempre <strong>la</strong> signora De Lisi<br />

dichiara che «il figlio è stato costretto a dire infamità sotto tortura 276 ». Questi messaggi<br />

hanno una duplice funzione: mantenere intatto l’onore di Vincenzo, che tutt’al più ne<br />

uscirà quale vittima dello Stato, e farlo retrocedere dall’intento col<strong>la</strong>borativo<br />

assicurandogli che il posto nell’organizzazione gli verrà conservato senza alcun pericolo<br />

di ritorsione.<br />

Purtroppo il messaggio verrà recepito, e, a fine luglio del 1998, si diffonde <strong>la</strong> notizia<br />

che Scarantino vuole ritrattare. La madre in un’intervista dichiara tutta <strong>la</strong> sua<br />

274 Ibidem, p. 36.<br />

275 Puglisi A., Donne, mafia e antimafia, p. 37.<br />

276 Ibidem, p. 45.<br />

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