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farlo tacere noi 120 ». Questi, perciò, decisero di eseguire personalmente <strong>la</strong> condanna a<br />

morte.<br />

Enrico, ormai abbandonato da tutti persino dal<strong>la</strong> moglie e dai figli, si fida<br />

esclusivamente di un amico e del vicino di casa Carmelo Meli, che in realtà si rivelerà<br />

un Giuda.<br />

Nel filmato, che finì nelle mani del<strong>la</strong> polizia, rimasero immorta<strong>la</strong>ti gli eventi dell’ultimo<br />

giorno di vita di Incognito, il 24 marzo del 1994. Quel giorno fu convinto a far entrare<br />

<strong>la</strong> madre, Luigina Maggi. Le immagini riprendono proprio lei, sullo sfondo, che piange<br />

apparentemente senza motivo. Poco dopo, tradito dal vicino, irrompono il padre,<br />

Salvatore, e il fratello Marcello che uccidono a colpi di pisto<strong>la</strong> Enrico.<br />

Vengono accusati del delitto soltanto il padre e il fratello di Incognito, e arrestato anche<br />

Carmelo Meli, mentre per <strong>la</strong> madre, il gip Carmen La Rosa non convaliderà il fermo.<br />

Contro tale decisione si opporrà, giustamente, il sostituto procuratore Nicolò Marino 121 .<br />

Non è possibile, infatti, non costatare nel suo comportamento un palese concorso<br />

all’omicidio: <strong>la</strong> donna piange proprio perchè sapeva ciò che si preparava al figlio,<br />

nonostante ciò non fa nul<strong>la</strong> per evitarlo e anzi dopo l’omicidio riesce pure a scappare.<br />

Due pentiti catanesi, Gaetano Disca e Paolo Balsamo, portano al<strong>la</strong> luce un altro terribile<br />

omicidio: questi raccontano che <strong>la</strong> famiglia di Sebastiano Mazzeo, scomparso nel 1990,<br />

decretò <strong>la</strong> sua morte. Iano, come si faceva chiamare, di 21 anni, era un giovane<br />

ma<strong>la</strong>vitoso chiamato baby killer perchè già a 12 anni aveva sparato ad una persona. Il<br />

giovane, finito in carcere nel maggio del 1989, avrebbe deciso di col<strong>la</strong>borare per<br />

vendicare il padre assassinato il 25 maggio 1987 e perchè temeva di essere ucciso in<br />

carcere. Scappato da Roma, dove era sotto sorveglianza, ritorna a Catania, e proprio lì <strong>la</strong><br />

madre, Gaetana Conti, di 50 anni, con un tranello, avrebbe consegnato personalmente ai<br />

suoi sicari il figlio offrendo, addirittura, <strong>la</strong> mannaia con cui è stato decapitato.<br />

Il corpo tagliato in due e infi<strong>la</strong>to in due sacchi del<strong>la</strong> spazzatura sarebbe stato seppellito<br />

nel boschetto del<strong>la</strong> P<strong>la</strong>ia, anche se non è mai stato ritrovato. La sua morte fu il prezzo da<br />

pagare dal<strong>la</strong> famiglia per continuare a vivere serenamente in mezzo al<strong>la</strong> gente del<br />

quartiere «senza dover sostenere il marchio infamante di “parente di pentiti”».<br />

Dalle due vicende si può costatare come questa feroce rego<strong>la</strong> venga pienamente<br />

accettata anche dalle “angeliche madri”.<br />

120 Puglisi A., Donne, mafia e antimafia, p. 44.<br />

121 .http://archiviostorico.corriere.it/1994/marzo/29/omicidio videotape mamma gia stata co 0<br />

94032914433.shtml.<br />

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