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Proprio rispetto a tale aspetto, nel secondo capitolo verrà esposto quanto <strong>la</strong> donna sia<br />

fondamentale nell’apparentemente innocua veste di “matri di famigghia” grazie al<strong>la</strong><br />

quale diventa <strong>la</strong> principale responsabile del<strong>la</strong> trasmissione ai figli del sistema valoriale,<br />

anzi ‘disvaloriale’, del sentire mafioso, espressione di una vera e propria cultura che fa<br />

dell’onore, del<strong>la</strong> vergogna, del<strong>la</strong> vendetta i pi<strong>la</strong>stri portanti dell’Onorata Società.<br />

In quanto madri, detengono fette di potere e di controllo proprio perchè si deve al loro<br />

delicato <strong>la</strong>voro pedagogico se i figli impareranno a pensare ed esistere come donne e<br />

uomini d’onore, al prezzo, però, dell’annul<strong>la</strong>mento di sé come individui.<br />

Sono ricordati quali esempi di “madri modello”, Ninetta Bagarel<strong>la</strong>, <strong>la</strong> madre dei Brusca,<br />

Antonina, Giuseppina Di Maio, Carme<strong>la</strong> Grazia Minniti, Saveria Benedetta Pa<strong>la</strong>zzolo.<br />

Verrà analizzato, inoltre, l’ipocrita esaltazione che Cosa Nostra fa del<strong>la</strong> famiglia, da cui<br />

ha assimi<strong>la</strong>to <strong>la</strong> struttura, quale espressione di un certo familismo amorale il quale<br />

rappresenta l’esito di un’organizzazione chiusa e autoreferenziale, sve<strong>la</strong>ndo, tuttavia,<br />

come, in realtà, verso questa vi sia un mero rapporto strumentale che si traduce<br />

nell’assoggettamento del<strong>la</strong> famiglia di sangue al<strong>la</strong> Famiglia mafiosa e nel cinico uso<br />

delle re<strong>la</strong>zioni parentali per l’esercizio di un potere totale, direi “mortale”.<br />

Falsa è anche <strong>la</strong> presunta “ga<strong>la</strong>nteria” verso donne e bambini, come confermano i casi<br />

riportati, in cui <strong>la</strong> ferocia mafiosa non ha, purtroppo, risparmiato neanche questi soggetti<br />

definiti “intoccabili”.<br />

Nel terzo capitolo verrà evidenziato come una certa visione romantica del<strong>la</strong> donna,<br />

dipinta quale essere docile, puro, inoffensivo che collide con l’immagine del<strong>la</strong> criminale<br />

perchè frenata dal<strong>la</strong> pietas materna e da un forte senso morale, ha per molto tempo<br />

accompagnato e distorto gli studi sul<strong>la</strong> criminalità femminile.<br />

Ingabbiata da un certo determinismo biologico, sociologico e psicologico, al<strong>la</strong> base vi è<br />

l’idea che il suo eventuale comportamento antisociale sia un sicuro segno di anormalità<br />

dato che il crimine non appartiene per ‘natura’ al<strong>la</strong> donna, soggetto meno evoluto<br />

biologicamente, inferiore e passivo psicologicamente, meno intelligente e razionale<br />

rispetto all’uomo.<br />

Tutto ciò ha concorso a diffondere uno stereotipo culturale che Cosa Nostra ha<br />

abilmente fatto proprio, rappresentandosi come un mondo di soli uomini in cui <strong>la</strong> donna,<br />

immobilizzata nel<strong>la</strong> figura di madre, è sempre stata passiva, sottomessa al<strong>la</strong> volontà<br />

maschile, priva di qualsiasi autonomia decisionale, soprattutto ignara e al di fuori degli<br />

affari dell’organizzazione.<br />

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