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CAPITOLO III<br />

L’altra metà del<strong>la</strong> mafia<br />

3.1 La criminologia femminile e lo stereotipo culturale<br />

Lo studio del settore femminile del crimine è estremamente circoscritto. La limitata<br />

ricerca e lo scarso interesse sono da attribuire al fatto che, statisticamente, <strong>la</strong> percentuale<br />

delle donne criminali è picco<strong>la</strong> e insignificante, numericamente inferiore rispetto a<br />

quel<strong>la</strong> maschile.<br />

Proprio le qualificazioni statistiche hanno concorso, almeno in parte, a determinare<br />

un’inadeguata considerazione del<strong>la</strong> criminalità femminile, non sentita come un urgente<br />

problema sociale e una significativa minaccia per l’ordine pubblico, anche in base al<br />

presupposto che questi comportamenti poco si addicono al ruolo e al<strong>la</strong> condizione<br />

sociale del<strong>la</strong> donna.<br />

Il termine Criminologia femminile è comparso, per <strong>la</strong> prima volta, con <strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong><br />

Positivista, ad opera di Lombroso che con Ferrero dedicò un saggio a tale tema<br />

intito<strong>la</strong>to “La donna criminale”. I due studiosi si basarono soprattutto sul concetto di<br />

atavismo, consistente nel<strong>la</strong> convinzione che tutti gli elementi antisociali o criminali<br />

siano di fatto brusche regressioni biologiche ad un precedente stadio evolutivo dello<br />

sviluppo umano. I “segni” di atavismo venivano individuati in una certa forma del<br />

cranio, nelle protuberanze ossee, nei tatuaggi, nelle capigliature folte e nere.<br />

Le criminali analizzate da Lombroso e Ferrero, tuttavia, non sembravano molto<br />

corrispondenti al modello atavico. Seguendo questo, infatti, le donne, essendo<br />

considerate in genere sicuramente inferiori agli uomini, dovrebbero delinquere<br />

maggiormente, cosa che nei fatti non accade.<br />

Lombroso e Ferrero non abbandonarono, comunque, tale modello ma sostennero<br />

piuttosto che <strong>la</strong> donna - poco evoluta e passiva, più adatta a condurre una vita sedentaria<br />

a causa del ruolo biologicamente determinato di ‘nutrice di bambini’ - sarebbe così<br />

primitiva di natura che un’ulteriore regressione risulterebbe quasi impossibile. In<br />

sostanza <strong>la</strong> sua vera natura, l’essere madre, è antitetica al crimine e il conservatorismo<br />

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