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Riflettendo sul rapporto madre-figlio all’interno del<strong>la</strong> mafia, di cui le vicende riportate<br />

sono degli esempi rappresentativi, Liliana Ferraro 80 , che subentrò a Falcone nel<strong>la</strong><br />

Direzione generale degli affari penali del Ministero di Grazia e Giustizia, trovò come<br />

questo sia assolutamente estraneo al<strong>la</strong> vera morale e non abbia nul<strong>la</strong> a che fare con il<br />

tirar su dei cittadini onesti.<br />

Per queste “madri modello” Fiandaca 81 giunge a un’osservazione provocatoria<br />

sostenendo che <strong>la</strong> funzione che <strong>la</strong> donna- madre esercita di “riproduttrice” dei disvalori<br />

mafiosi, potrebbe assumere rilevanza penale in forma di partecipazione o almeno<br />

concorso esterno, nel<strong>la</strong> misura in cui non solo è attività che oggettivamente contribuisce<br />

al<strong>la</strong> perpetuazione dell’associazione mafiosa, ma, spesso, si traduce - come<br />

precedentemente rilevato - in vere e proprie forme di istigazione concreta al delitto.<br />

La madre, inoltre, è un elemento cruciale affinché il figlio assimili il modello paterno,<br />

sponsorizzando l’autorità maschile soprattutto quando il padre è assente perchè detenuto<br />

o <strong>la</strong>titante. Trasmetterà di lui un’immagine talmente positiva da venire addirittura<br />

mitizzata dai figli, e ciò contribuirà a mantenere intatta l’autorità patriarcale nell’ambito<br />

domestico.<br />

«Donna-madre che si costruisce un uomo-eroe che in realtà non esiste», come ha<br />

osservato il magistrato Alessandra Camassa 82 .<br />

Durante <strong>la</strong> quarantennale <strong>la</strong>titanza del compagno Bernardo Provenzano, Saveria<br />

Pa<strong>la</strong>zzolo si prese cura amorevolmente dei suoi due figli, ma soprattutto fu abile nel<br />

trasmettere e mantenere dello sposo un’immagine quasi sacra. Difatti, dalle lettere<br />

indirizzate al padre e ritrovate dagli organi inquirenti in uno dei covi del boss, i figli<br />

Angelo, 30 anni diploma di geometra, e Francesco Paolo, di 27 anni <strong>la</strong>ureato in lingue,<br />

all’apparenza non implicati in fatti criminosi, sembrano dimostrare un profondo e<br />

devoto sentimento e un affetto reverenziale nei confronti del padre <strong>la</strong>titante, pur non<br />

avendolo quasi mai frequentato e pur non avendo mai osservato direttamente il suo<br />

modello. Ciò dà <strong>la</strong> misura dell’opera compiuta da Saveria.<br />

Angelo Provenzano, in un’intervista al giornalista di “La Repubblica 83 ”, Francesco<br />

Viviano, dipinge il padre come “agnello sacrificale” utilizzato da uno Stato tiranno per<br />

coprire le sue malefatte.<br />

Dirà tra l’altro: «Io a mio padre riconosco alcune attenuanti. Per questo non ho da<br />

rimproverargli allunchè. Chi sono io? Semplicemente il figlio di mio padre, io esisto<br />

80 Cit. in Longrigg C., L’altra metà del<strong>la</strong> mafia.<br />

81 Fiandaca G., in Segno, n. 183.<br />

82 Cit. in Ingrascì O., Donne d’onore, p. 15.<br />

83 La Repubblica, 1 dicembre, 2008, p. 19.<br />

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