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Terre di mezzo: la Basilicata tra costruzione regionale e proiezioni ...

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Laura Cassi presenta il libro <strong>di</strong> Giacomo Corna Pellegrini …<br />

dell’ultima parte del<strong>la</strong> sua vita, quando viveva ormai vecchissimo nel<strong>la</strong> sua<br />

tenuta, che voleva rega<strong>la</strong>re ai conta<strong>di</strong>ni (racconta che questi ultimi non<br />

credevano veramente lui <strong>di</strong>cesse sul serio...). Egli descrive quel mondo con una<br />

tale vivezza, che noi geografi vorremmo essere capaci <strong>di</strong> eguagliare. Tante altre<br />

sue pagine contengono uguali apporti <strong>di</strong> sapienza geografica.<br />

È stata per me una grande avventura dello spirito, oltre che un’avventura<br />

culturale, quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> introdurmi nelle vite <strong>di</strong> personaggi tanto <strong>di</strong>versi. Per esempio,<br />

mi sono rivisto davanti a Walt Disney che, per sondare l’animo umano, lo<br />

ricolloca nei movimenti e nelle pantomime degli animali. Si mette in <strong>mezzo</strong> a<br />

una stanza, circondato da <strong>di</strong>eci <strong>di</strong>segnatori, e fa lui stesso il mimo dell’animale<br />

da raffigurare nei cartoni, affinché essi lo <strong>di</strong>segnino e riprendano l’idea <strong>di</strong> quanto<br />

lui aveva capito degli uomini che aveva incon<strong>tra</strong>to, e voleva raffigurare nelle<br />

movenze degli animali.<br />

Ecco: l’idea offerta nel mio libro è che i personaggi <strong>di</strong> cui <strong>tra</strong>tta non hanno<br />

avuto solo <strong>la</strong> curiosità <strong>di</strong> guardare al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> sé e <strong>di</strong> leggere delle cose<br />

importanti del mondo; hanno avuto anche il gusto e <strong>la</strong> gioia <strong>di</strong> interpretarle.<br />

Perfino Madame Curie e suo marito, che hanno guardato nel piccolissimo,<br />

improvvisamente hanno scoperto una lucina che ardeva nel<strong>la</strong> notte: il ra<strong>di</strong>o (con<br />

tutte le conseguenze che sappiamo, dopo questa s<strong>tra</strong>or<strong>di</strong>naria scoperta). E ne<br />

hanno intuito l’importanza.<br />

Quel<strong>la</strong> dei personaggi da me incon<strong>tra</strong>ti nel libro non era solo curiosità <strong>di</strong><br />

avvicinarsi alle cose e agli uomini che li circondavano, ma anche <strong>la</strong> loro capacità<br />

– come <strong>di</strong>ceva Laura Cassi – <strong>di</strong> deco<strong>di</strong>fica, interpretazione, comprensione. Una<br />

geografia che fosse soltanto avvicinarsi ed esplorare il mondo non sarebbe geografia. Gli<br />

esploratori in se stessi, tali restano e non <strong>di</strong>ventano geografi se non quando, una<br />

volta compiuta l’esplorazione, <strong>la</strong> interpretano, <strong>la</strong> raccontano, non <strong>la</strong> tengono per<br />

sé, ma <strong>la</strong> espongono perché qualcun altro con<strong>di</strong>vida con loro il gusto <strong>di</strong> quel<strong>la</strong><br />

scoperta e l’interpretazione che ne hanno data.<br />

Perché, però, a Giulio Cesare non ho dato l’attributo <strong>di</strong> geografo? Nel De<br />

bello gallico egli offre bensì una serie <strong>di</strong> informazioni e <strong>di</strong> letture geografiche<br />

interpretative importanti, che per l’epoca nessuno ci aveva fornito; davvero dà<br />

cioè una lettura geografica del<strong>la</strong> Gallia <strong>di</strong> quel tempo. In realtà, egli offre però<br />

quei quadri ambientali e umani per celebrare se stesso come conquistatore <strong>di</strong><br />

popoli; in qualche modo, per opprimerli, schiavizzarli, farli poi artefici, ad<br />

esempio, del<strong>la</strong> <strong>costruzione</strong> <strong>di</strong> un Colosseo o <strong>di</strong> un tempio a Roma.<br />

L’atteggiamento del geografo non è mai <strong>di</strong> questo tipo: è invece sempre<br />

quello <strong>di</strong> un’interpretazione che serva per darsi conto <strong>di</strong> ciò che egli vive e <strong>di</strong> ciò<br />

che vede, ma anche serva a coloro che sono interpretati, per capire meglio se<br />

stessi, e a tutti coloro che vogliono avvicinarsi a quel mondo, per comprenderlo<br />

meglio. Tutto ciò il geografo non propone mai in un modo unico; si <strong>tra</strong>tta<br />

sempre <strong>di</strong> una molteplice lettura del<strong>la</strong> realtà. Nessun vero geografo ha mai <strong>la</strong><br />

pretesa <strong>di</strong> dare <strong>la</strong> lettura ultima, definitiva <strong>di</strong> un territorio o <strong>di</strong> un popolo.<br />

Però quel<strong>la</strong> del geografo è una lettura comunque stimo<strong>la</strong>nte, comunque<br />

affidabile, come quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> Amerigo Vespucci nel Mundus Novus. Per questo,<br />

quelle che egli ci ha raccontato sono state chiamate le terre <strong>di</strong> Amerigo: è stato<br />

riconosciuto che <strong>la</strong> sua lettura era atten<strong>di</strong>bile. Identificare quei territori come<br />

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