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Terre di mezzo: la Basilicata tra costruzione regionale e proiezioni ...

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Tavo<strong>la</strong> rotonda<br />

quale l’idea <strong>di</strong> ancorare al territorio il sistema <strong>di</strong> poteri preesistenti – attribuendo<br />

alle nuove sud<strong>di</strong>visioni amminis<strong>tra</strong>tive re<strong>la</strong>zioni <strong>di</strong> tipo gerarchico e specifiche<br />

funzioni – rappresenta una concezione propriamente rivoluzionaria. Occorre<br />

considerare, infatti, che nel periodo <strong>di</strong> Ancien régime un coacervo <strong>di</strong> istituzioni<br />

(contee, luoghi baronali, università ecc.) coesistono e talvolta confliggono <strong>tra</strong><br />

loro, producendo una sorta <strong>di</strong> arcipe<strong>la</strong>go giuris<strong>di</strong>zionale.<br />

Il nuovo progetto territoriale, creato nel<strong>la</strong> Francia rivoluzionaria, sarà<br />

<strong>di</strong>ffuso in Italia nell’arco <strong>di</strong> due fasi cruciali. La prima è con<strong>tra</strong>ssegnata dal<strong>la</strong><br />

costituzione delle Repubbliche giacobine, negli anni compresi <strong>tra</strong> il 1796 e il<br />

1799, <strong>la</strong> seconda dal<strong>la</strong> presenza dei Napoleoni<strong>di</strong> <strong>tra</strong> il 1806 e il 1815, durante il<br />

Decennio francese. Nel<strong>la</strong> peniso<strong>la</strong> italiana, <strong>la</strong>ddove i Francesi intervengono,<br />

sotto molti profili ri<strong>di</strong>segnano le strutture politico-amminis<strong>tra</strong>tive preesistenti,<br />

pur se non sempre in maniera incisiva. Di fatto, con <strong>la</strong> creazione <strong>di</strong><br />

Dipartimenti, Distretti, Circondari e Comuni – collegati <strong>tra</strong> loro da rapporti<br />

funzionali – si avvia nel nostro Paese l’istituzionalizzazione dello Stato<br />

moderno.<br />

Allo stesso tempo si intende spazzare via l’or<strong>di</strong>ne politico delle province <strong>di</strong><br />

Ancien régime, incar<strong>di</strong>nando ad ogni livello territoriale un corpo <strong>di</strong> funzionari<br />

rappresentativo dei nuovi interessi del<strong>la</strong> nascente borghesia. Un ceto <strong>di</strong> notabili<br />

(intendenti, sindaci e poi notai, avvocati, ingegneri, periti catastali ecc.)<br />

costituisce una rete <strong>di</strong> poteri, che si innerva negli spazi definiti dalle<br />

<strong>di</strong>strettualizzazioni del nuovo découpage. In quegli stessi anni, in alcune aree del<strong>la</strong><br />

peniso<strong>la</strong>, lo Stato fa il suo ingresso nelle campagne con un intenso processo<br />

riformistico (si pensi all’introduzione delle quotizzazioni demaniali, all’eversione<br />

del<strong>la</strong> feudalità, al<strong>la</strong> confisca dei beni del<strong>la</strong> Chiesa, all’introduzione <strong>di</strong> catasti<br />

geometrico-particel<strong>la</strong>ri).<br />

Per comprendere <strong>la</strong> questione del découpage in Italia non possiamo, dunque,<br />

non far riferimento a questi processi fondamentali ai quali si è appena accennato.<br />

Tuttavia, non sembra che nel<strong>la</strong> manualistica universitaria, né in quel<strong>la</strong> sco<strong>la</strong>stica<br />

<strong>la</strong> vicenda che ricostruisce le origini del découpage dello Stato moderno sia molto<br />

presente.<br />

Vorrei de<strong>di</strong>care un’ultima breve considerazione agli altri livelli delle<br />

partizioni territoriali, <strong>la</strong>sciando da parte il riferimento al<strong>la</strong> sca<strong>la</strong> <strong>regionale</strong>, già<br />

affrontata in modo autorevole da Coppo<strong>la</strong>. Come Carlo Brusa ha ricordato, le<br />

province e i comuni, sono stati, <strong>di</strong> volta in volta, oggetto del<strong>la</strong> riflessione dei<br />

geografi nell’arco del ’900, ma sostanzialmente risultano quasi sempre inquadrati<br />

in maniera scorporata e separata, rispetto agli altri ritagli territoriali. In altri<br />

termini, nel <strong>di</strong>battito geografico italiano, da un <strong>la</strong>to si è posto il problema del<strong>la</strong><br />

regione, categoria scandagliata dai geografi nelle sue <strong>di</strong>verse accezioni: regione<br />

naturale, funzionale e così via, fino alle riflessioni de<strong>di</strong>cate al<strong>la</strong> regione<br />

amminis<strong>tra</strong>tiva – al riguardo mi riferisco ai significativi contributi <strong>di</strong> Sestini o <strong>di</strong><br />

Gambi e a tutto il <strong>di</strong>battito che a partire dalle loro sollecitazioni ne è derivato –<br />

dall’altro, si stu<strong>di</strong>ano le partizioni <strong>di</strong> livello interme<strong>di</strong>o o minore.<br />

Credo che raramente ci sia stato l’intento <strong>di</strong> coniugare con autentica<br />

attenzione i <strong>di</strong>fferenti livelli delle partizioni amminis<strong>tra</strong>tive, assumendo <strong>la</strong><br />

questione in termini essenzialmente politici. In questa prospettiva mi permetto <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ssentire, in parte, da C<strong>la</strong>u<strong>di</strong>o Cerreti, poiché ritengo che il problema del<br />

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