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Terre di mezzo: la Basilicata tra costruzione regionale e proiezioni ...

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Pasquale Coppo<strong>la</strong><br />

C’era poi una geografia <strong>regionale</strong> nelle scuole. Un apprendere per regioni<br />

che nei programmi <strong>di</strong> solito erano – e in molti casi restano – quelle storicoamminis<strong>tra</strong>tive.<br />

Può aiutare a capire che cosa intendo il racconto <strong>di</strong><br />

un’esperienza che gli studenti francesi hanno vissuto dopo Sedan, quando nelle<br />

scuole circo<strong>la</strong>va un piccolo manuale at<strong>tra</strong>verso il quale essi imparavano con <strong>la</strong><br />

geografia anche <strong>la</strong> storia. Il modello è quello del romanzo Sans famille <strong>di</strong> Hector<br />

Malot. In partico<strong>la</strong>re, era <strong>la</strong> storia <strong>di</strong> due orfanelli che at<strong>tra</strong>versano le <strong>di</strong>verse<br />

regioni del<strong>la</strong> Francia e, percorrendo questo spazio, imparano <strong>la</strong> geografia e <strong>la</strong><br />

storia <strong>di</strong> ciascuna delle regioni che compongono il loro Paese. Guarda caso i due<br />

orfanelli sono alsaziani e manca loro <strong>la</strong> casa, <strong>la</strong> regione nel<strong>la</strong> quale sono nati. In<br />

realtà in questa maniera, i piccoli francesi, che sarebbero poi <strong>di</strong>ventati fanti e<br />

sarebbero andati a farsi ammazzare sul<strong>la</strong> Marna o sul Reno, assimi<strong>la</strong>vano nel<br />

contempo <strong>la</strong> conoscenza del proprio Paese e delle sue regioni e un profondo o<strong>di</strong>o<br />

per quelli che li avevano privati del<strong>la</strong> loro regione <strong>di</strong> origine – l’Alsazia – e del<strong>la</strong><br />

Lorena. Dunque, sotto questo impegno a conoscere le regioni, c’era qualcosa <strong>di</strong><br />

più. Il riferimento all’Alsazia, così come tutto l’armamentario geografico, non<br />

era affatto neutro e non era soprattutto politicamente neutro.<br />

Per comprendere ancora meglio quello che voglio <strong>di</strong>re, forse bisogna fare un<br />

altro passo un po’ più in<strong>di</strong>etro, restando sempre in Francia, fermandoci a<br />

qualche tempo dopo il 1648, che segna <strong>la</strong> pace <strong>di</strong> Westfalia, ovvero il momento<br />

in cui, in un modo o in un altro, si attesta l’Europa delle nazioni. Vent’anni<br />

dopo, sotto Luigi XIV, il ministro Colbert chiama dall’Università <strong>di</strong> Bologna<br />

Gian Domenico Cassini, grande astronomo nizzardo, a corte, all’Académie des<br />

sciences, a <strong>di</strong>rigere l’osservatorio francese. Ci sarà una vera propria <strong>di</strong>nastia <strong>di</strong><br />

astronomi del<strong>la</strong> famiglia Cassini i cui principali esponenti sono quattro, l’uno<br />

figlio dell’altro. Il terzo del<strong>la</strong> <strong>di</strong>nastia, il Cassini III de Thury, nel 1744 si vede<br />

assegnato il compito <strong>di</strong> re<strong>di</strong>gere <strong>la</strong> Grande Carta topografica del<strong>la</strong> Francia. È <strong>la</strong><br />

famosa carta dell’Académie, in sca<strong>la</strong> circa 1:80.000 (in realtà è 1:86.400, per chi<br />

ama <strong>la</strong> pignoleria). Non <strong>la</strong> consegnerà lui, che non riuscirà ad arrivare in fondo a<br />

quest’opera. Lo farà suo figlio Jacques Dominique, Cassini IV, ormai<br />

francesizzato del tutto, e <strong>la</strong> consegnerà quarant’anni dopo l’inizio del padre. È il<br />

1784. Questa carta deve segnare l’appropriazione e <strong>la</strong> conoscenza perfetta da<br />

parte del Borbone del<strong>la</strong> sua terra, quel<strong>la</strong> terra a cui egli può dare il nome, perché<br />

segnare i nomi delle regioni e scriverli sul<strong>la</strong> carta è prerogativa del re. È una carta<br />

che attesta, come tutte le carte costruite in quell’epoca e anche in molte altre<br />

circostanze, il suo legame col potere e l’omaggio al sovrano. Ma, come sapete,<br />

sarà una carta senza fortuna.<br />

Cinque anni dopo inizia <strong>la</strong> Rivoluzione: altri prendono <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> e si<br />

arrogano <strong>la</strong> libertà <strong>di</strong> riscrivere i nomi sul<strong>la</strong> carta del<strong>la</strong> Francia. Nel 1792<br />

s’inse<strong>di</strong>a, infatti, <strong>la</strong> Convenzione nazionale e uno dei primi atti che compie è<br />

quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>segnare i Dipartimenti. E, in partico<strong>la</strong>re, qual è il criterio col quale si<br />

<strong>di</strong>segnano i Dipartimenti, col quale si “rompe” <strong>la</strong> carta del Cassini e <strong>di</strong> Luigi<br />

XVI e si scrivono una serie <strong>di</strong> nuovi nomi sull’insieme del<strong>la</strong> carta <strong>di</strong> Francia? I<br />

Dipartimenti sono <strong>tra</strong>cciati, almeno in linea generale, secondo due principi. Il<br />

primo è riferito ai gran<strong>di</strong> insiemi naturali, perché il potere non sta nelle mani del<br />

re, ma <strong>di</strong> qualcuno che è al <strong>di</strong> sopra del re stesso e che ha scritto il gran libro<br />

del<strong>la</strong> natura. Ma questo è un altro <strong>di</strong>scorso e lo riprenderemo <strong>tra</strong> un istante. Il<br />

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