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Terre di mezzo: la Basilicata tra costruzione regionale e proiezioni ...

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I ritagli territoriali nell’età delle re<strong>la</strong>zioni globali: spunti per <strong>la</strong> <strong>di</strong>dattica<br />

Le regioni, nell’insegnamento, sono rappresentate come meri contenuti <strong>di</strong><br />

cose terrestri? In base al<strong>la</strong> mia esperienza, <strong>di</strong>rei <strong>di</strong> no.<br />

Insegnanti e giovani si pongono il problema del<strong>la</strong> rilevanza attuale <strong>di</strong> queste<br />

tematiche? Direi <strong>di</strong> no.<br />

Si ritiene che sarebbe meglio procedere per problemi? Qualcuno ci ha<br />

provato ma mi pare che abbia fallito pesantemente. Procedere per problemi è una<br />

cosa interessante, almeno a certi livelli <strong>di</strong> formazione, salvo il fatto che <strong>di</strong>sancora<br />

l’informazione, <strong>la</strong> formazione e l’analisi critica dagli spazi reali, che nel<strong>la</strong> pratica<br />

del<strong>la</strong> descrizione, dell’esposizione, dell’insegnamento, corrispondono a delle<br />

“regioni”, comunque le si voglia intendere. E, quin<strong>di</strong>, possiamo avere dei ragazzi<br />

che sono in grado <strong>di</strong> capire che cosa significa sottosviluppo, ma non sono capaci<br />

<strong>di</strong> fornire esempi <strong>di</strong> aree o paesi sottosviluppati… cioè <strong>di</strong> applicare il concetto<br />

as<strong>tra</strong>tto a una realtà concreta.<br />

Quale spazio trovano gli altri ritagli territoriali (al <strong>di</strong> là del<strong>la</strong> “regione”, con<br />

tutte le sue possibili ambiguità semantiche) nel<strong>la</strong> <strong>di</strong>dattica? Temo nessuno.<br />

Tuttavia, in realtà, non ho alcuna esperienza <strong>di</strong>retta re<strong>la</strong>tivamente al<strong>la</strong><br />

scuo<strong>la</strong>. Posso rispondere, invece, con maggiore contezza riguardo al tentativo<br />

che faccio costantemente nelle aule universitarie (sono convinto, peraltro, che<br />

dal punto <strong>di</strong> vista del<strong>la</strong> recettività degli studenti non ci siano troppe <strong>di</strong>fferenze).<br />

In questi casi, quando parlo <strong>di</strong> regione, mi permetto il lusso – o, per lo meno, mi<br />

riservo <strong>la</strong> possibilità – <strong>di</strong> partire in tromba, considerando<strong>la</strong> come un problema<br />

piuttosto che una soluzione. Si <strong>tra</strong>tta, a mio parere, <strong>di</strong> un problema da un punto<br />

<strong>di</strong> vista definitorio, da quello dei contenuti, da quello dell’ambiguità che – e non<br />

c’è niente da fare – continua a essere insita in coppie <strong>di</strong> concetti come regioneregionalizzazione,<br />

<strong>di</strong>stretto-<strong>di</strong>strettualizzazione.<br />

In definitiva, il problema che sta al<strong>la</strong> base è in una buona metabolizzazione<br />

del concetto <strong>di</strong> limite. Non è così facile far capire che qualsiasi limite sia stato<br />

posto, nel corso del<strong>la</strong> storia e nello spazio, non può che essere arbi<strong>tra</strong>rio nei<br />

confronti <strong>di</strong> una continuità dello spazio geografico che, <strong>di</strong> per sé, è<br />

assolutamente incontrovertibile. Non c’è nul<strong>la</strong> che segnali né che imponga<br />

<strong>di</strong>scontinuità nello spazio geografico, e tuttavia introdurre dei limiti è<br />

un’operazione assolutamente essenziale, vitale, in<strong>di</strong>spensabile a fini del<strong>la</strong><br />

concettualizzazione e del<strong>la</strong> comprensione, e quin<strong>di</strong> del<strong>la</strong> definizione e del<strong>la</strong><br />

gestione anche (ma non solo) del territorio; salvo che è un’operazione arbi<strong>tra</strong>ria<br />

e, in quanto tale, si espone a rischi pesantissimi, che mi pare siano stati già <strong>di</strong><br />

fatto evocati, <strong>di</strong> puro e semplice nominalismo.<br />

Fatta questa premessa, tenderei – forse soprattutto con allievi più giovani – a<br />

presentare il concetto <strong>di</strong> regione come segnato da un duplice problema.<br />

Il primo aspetto problematico è nel<strong>la</strong> multisca<strong>la</strong>rità. Mi sono trovato a<br />

leggere, in un libro <strong>di</strong> Luciana Castellina (Cinquant’anni d’Europa, Torino, Utet,<br />

2007, p.94), questa affermazione: «sempre più nello stesso territorio comunitario<br />

sono stati creati spazi <strong>di</strong>stinti, che non coincidono con i confini né dell’insieme<br />

né dei singoli stati [...e] così c’è lo spazio dell’euro, quello sociale, quello <strong>di</strong><br />

Schengen». Non abbiamo soltanto un problema <strong>di</strong> “multisca<strong>la</strong>rità semplice”,<br />

intesa nel senso <strong>di</strong> sommatoria <strong>di</strong> oggetti più piccoli che compongono via via<br />

oggetti più gran<strong>di</strong>, come le matrioske che ci ricordava Stanzione. Abbiamo un<br />

problema <strong>di</strong> parzialità, <strong>di</strong> sovrapposizione, <strong>di</strong> intersezione del découpage, per cui a<br />

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