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Terre di mezzo: la Basilicata tra costruzione regionale e proiezioni ...

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Pasquale Coppo<strong>la</strong><br />

Questi processi, questi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> affrontare il tema del<strong>la</strong> regione in funzione<br />

del<strong>la</strong> citta<strong>di</strong>nanza e dello sviluppo s’intersecano <strong>tra</strong> <strong>di</strong> loro ma appartengono,<br />

secondo <strong>la</strong> vecchia visione <strong>di</strong> Lucio Gambi, molto lineare peraltro, a due<br />

categorie abbastanza schematizzabili: quel<strong>la</strong> del processo del<strong>la</strong> regionalizzazione e<br />

quel<strong>la</strong> del regionalismo. La regionalizzazione appartiene al<strong>la</strong> famiglia dei<br />

decen<strong>tra</strong>menti e delle emanazioni degli organi cen<strong>tra</strong>li verso <strong>la</strong> periferia; se<br />

volete, è un ca<strong>la</strong>re il <strong>di</strong>scorso del<strong>la</strong> regione dall’alto. Il regionalismo riguarda,<br />

invece, il tentativo <strong>di</strong> suscitare o <strong>di</strong> favorire il determinarsi <strong>di</strong> coscienze e <strong>di</strong><br />

autonomie democratiche e decisionali presso <strong>la</strong> base. Esso ha a che fare con i<br />

movimenti che si raccordano al<strong>la</strong> base popo<strong>la</strong>re.<br />

Per semplificare, in modo forse un po’ schematico, potremmo <strong>di</strong>re che <strong>la</strong><br />

regione è vista in un caso “dall’alto” e nell’altro “dal basso”. In ogni caso <strong>tra</strong> i<br />

due processi e <strong>tra</strong> le filosofie che guidano queste due visioni esiste effettivamente<br />

una consistente <strong>di</strong>fferenza. Molto più <strong>di</strong> recente questo <strong>di</strong>scorso riferito al<br />

territorio italiano è stato ripreso dal<strong>la</strong> Fondazione Agnelli (Nuove regioni e riforma<br />

dello Stato. Contributi <strong>di</strong> ricerca, 1993), che ha ri<strong>la</strong>nciato il <strong>di</strong>battito sul<strong>la</strong> forma<br />

dello Stato e sul<strong>la</strong> possibilità <strong>di</strong> inquadrare le nostre regioni in termini <strong>di</strong>fferenti.<br />

La Fondazione ha avanzato una proposta che si fonda su due criteri. Uno è<br />

quello del residuo fiscale, l’altro è, anche in questo caso, il criterio<br />

dell’accessibilità. Mi spiego subito. Il residuo fiscale è quello che si può calco<strong>la</strong>re,<br />

con un po’ <strong>di</strong> fatica per <strong>la</strong> verità e con qualche approssimazione, per valutare<br />

quanto lo Stato spenda per un insieme territoriale, dunque per una regione, e<br />

quanto quel<strong>la</strong> regione, invece, per varie vie, versi allo Stato. Ci sono regioni, ad<br />

esempio, che per opere pubbliche o per altre voci incassano più <strong>di</strong> quello che<br />

versano fiscalmente e presentano, dunque, un residuo fiscale più ampio. La<br />

Fondazione ha formu<strong>la</strong>to una sorta <strong>di</strong> graduatoria <strong>tra</strong> le regioni in base al<br />

residuo fiscale e ipotizza che, accorpando alcune regioni, si potrebbe ottenere un<br />

risparmio complessivo.<br />

Ci sono regioni in per<strong>di</strong>ta, dunque; e “naturalmente” in questo caso vien<br />

fatto <strong>di</strong> pensare a quelle del Mezzogiorno, ma non è così. Le regioni<br />

maggiormente in per<strong>di</strong>ta sono infatti quelle frontaliere a statuto speciale – Valle<br />

d’Aosta e Trentino-Alto A<strong>di</strong>ge – , che sono sia piccole sia dotate <strong>di</strong> fon<strong>di</strong> in base<br />

ad una legis<strong>la</strong>zione speciale. In ogni caso il ragionamento è il seguente: se<br />

accorpiamo alcune regioni e ne <strong>di</strong>saggreghiamo altre che hanno meno motivo <strong>di</strong><br />

essere, il risultato finale è un’Italia artico<strong>la</strong>ta in do<strong>di</strong>ci regioni. Con questa<br />

partizione, soprattutto per effetto <strong>di</strong> un riparto più accorpato delle spese<br />

in<strong>di</strong>visibili, si riuscirebbe a dare sollievo al bi<strong>la</strong>ncio dello Stato e ad avere, per<br />

così <strong>di</strong>re, delle Regioni più efficienti.<br />

Il secondo criterio è quello, peraltro non nuovo, del ri<strong>di</strong>segno sul<strong>la</strong> base <strong>di</strong><br />

un sistema <strong>di</strong> gravitazioni, legato a una rete <strong>di</strong> comunicazioni veloci, e <strong>di</strong> flussi<br />

fondamentali del <strong>tra</strong>ffico <strong>di</strong> merci e <strong>di</strong> uomini che determinano alcuni fulcri nel<br />

Paese.<br />

La regione nel<strong>la</strong> quale ci troviamo oggi rappresenta un esempio<br />

fondamentale del<strong>la</strong> con<strong>tra</strong>d<strong>di</strong>zione rispetto a questi criteri. Secondo i principi<br />

del<strong>la</strong> Fondazione – ma anche secondo quanto proponeva Calogero Muscarà e<br />

ancora prima Francesco Compagna –, <strong>la</strong> regione <strong>Basilicata</strong> si sarebbe dovuta<br />

<strong>di</strong>videre in due, giacché l’area <strong>di</strong> influenza <strong>di</strong> Napoli e quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> Bari sembrano<br />

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