LAPIS LYDIUS

LAPYS LIDIUS Io.Thomas a Vezzano 156
est actus charitatis ab iisdem theologis dicitur
paenitentia perfectissima. 294
11 - Dico VI - Detestatio peccati, deque eo dolor,
quatenus est iniuria Deo illata,laesioque eius iuris,
quod habet Deus, qua supremus auctor, qua finis
ultimus et qua legislator ex intentione illud
resarciendi vel servandi illaesum, est actus
paenitentiae virtutis specialis ac distinctae ab
aliis. 295
Probo. Detestari peccatum sub hoc speciali motivo
est actus honestissimus ac distinctus et nulla virtus
detestatur illud sub hoc motivo, nisi paenitentia;
quae enim? est igitur actus proprius virtutis
specialis, quae paenitentia dicitur.
12 - Dico VII. paenitentia haec actualis est iustitia
quaedam hominis ad Deum. 296 Patet tum ex S.
Thoma expresse dicente, quod paenitentia
secundum quod est virtus, est pars iustitiae. 297 Tum
etiam, quia paenitentia virtus non est virtus
theologica, sed moralis, est vero ad alterum, nempe
ad Deum, cuius ius resarcire, vel servare intendit
illaesum. Inter virtutes autem morales sola iustitia
est ad alterum. Paenitentia igitur, virtus quaedam
iustitia est hominis ad Deum, idest pars iustitiae
non subiectiva, sed potestativa. Hinc.
13 - Dico VIII. Paenitentia habitus est virtus
perficiens et inclinans habentem ad servandum ius
Dei illaesum, vel si iam laesum sit per peccatum ad
illud resarciendum.
Probo: iustitia ut sic habet conservare ius cuiusque
illaesum, vel illud resarcire iam laesum. At
paenitentia est iustitia quaedam ad Deum; habet
ergo ex sui propria natura hominem perficere, eum
inclinando ad conservandum illaesum ius suum
Deo, vel si laesum sit ad illud resarciendum. 298
§ - LX
Quaero III - An unus possit paenitentiam agere
ac paenitere pro peccato alterius?
Dico I. Potest unus honeste detestari peccatum
commissum ab alio, deque eo dolere.
1 - Probo. Peccatum a quocumque commissum sit
est iniuria ac malum Dei. Supra §. praecedenti: a
quocumque, ergo commissum sit, habet rationem
summe detestabilis. Cur ergo unus iustus non
294 Coninch, n.26; Palao, n.12.
295 Aegidius, dub.4.
296 Suarez, De paenitentia, disp.2, sec.2, n.1.
297 Aegidius, dub.4, n.23; S. Thomas, 3.85.3. C.
298 Vide Suarez, disp.2.
Anzi dolersi del peccato in quanto è male verso
Dio e di conseguenza in quanto è un atto di carità,
dagli stessi teologi, è chiamata penitenza
perfettissima.
11 - In sesto luogo: la detestazione del peccato e il
suo dolore, in quanto è ingiuria fatta a Dio e
offesa di quel diritto che ha Dio, in quanto
supremo autore, in quanto fine ultimo e in quanto
legislatore, con l'intenzione di risarcirlo e
conservarlo integro, è un atto della virtù
particolare della penitenza e distinto dalle altre.
Provo. Detestare il peccato per questo particolare
motivo è un atto molto giusto e distinto e nessuna
virtù lo detesta per questo motivo, se non la
penitenza che è dunque l'atto proprio della virtù
particolare, che si chiama penitenza.
12 - In settimo luogo: la penitenza volontaria è
giustizia dell'uomo verso Dio. E' evidente sia
secondo S. Tommaso, quando dice che la
penitenza in quanto virtù è parte della giustizia, e
anche perché la penitenza virtù non è una virtù
teologica, ma morale, è per l'altro, cioè per Dio, di
cui intende risarcire il diritto e conservarlo
integro. Inoltre, tra le virtù morali, solo la
giustizia è per l'altro. La penitenza, dunque, in
quanto virtù, è una certa giustizia dell'uomo verso
Dio, cioè la parte di giustizia non soggettiva, ma
potestativa. Da ciò.
13 - In ottavo luogo: la penitenza in quanto
disposizione è la virtù che guida e spinge colui
che lo possiede a conservare integro il diritto di
Dio, o, se fosse stato già leso dal peccato, di
risarcirlo.
Provo: la giustizia, in quanto tale, conserva
integro il diritto di ognuno, o risarcisce quello già
leso. Ora, la penitenza è la giustizia verso Dio; in
quanto tale, dunque, per sua propria natura guida
l'uomo, spingendolo a conservare integro il
proprio diritto a Dio, o se leso di risarcirlo.
§. LX
Chiedo in terzo luogo: Uno può fare penitenza
e pentirsi per i peccati altrui?
In primo luogo: uno può giustamente detestare il
peccato commesso da un altro e dolersi di esso.
1 - Provo. Il peccato commesso da chiunque è
un'ingiuria e offesa a Dio, come al paragrafo
precedente: da chiunque, dunque, sia stato
commesso, è ritenuto sommamente detestabile.