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LAPYS LIDIUS Io.Thomas a Vezzano 158<br />
Probo. Verbum paenitere primo impositum est ad<br />
significandum retractationem ac detestationem facti<br />
proprii. Eleganter Aulus Gellius dixit: Paenitere<br />
tum dicere solemus, cum quae ipsi fecimus, aut quae<br />
de nostra voluntate, nostroque consilio facta sunt ea<br />
nobis post incipiunt displicere, sententiamque in iis<br />
nostram demutamus. 302 Et hoc tendunt auctoritates<br />
adductae §.59; conclusione 1, et docet eam Suarez 303 .<br />
At post extensum est hoc verbum ad significandum<br />
omnem actum, quo quis ob peccatum commissum,<br />
sive a se ipso, sive ab alio, patitur et sustinet<br />
paenam. Unde paenitere, praecise sumptum<br />
significat tenere paenam ac sustinere paenam ut<br />
fuse dixi supra § 58. Ita secundum verbi<br />
extensionem proprie quis dicitur paenitere de<br />
peccato commisso ab alio. Potest, ait, Suarez,<br />
paenitere, non per modum retractationis. Sic enim<br />
paenitere includit essentialiter respectum ad<br />
proprium peccatum, sed per modum simplicis odii et<br />
detestationis 304 .<br />
6 - Dices: unus non potest conteri de peccato<br />
commisso ab alio, 305 ergo nec paenitere. Nego<br />
conseq. Quia contritio non est idem, nec ita late<br />
patet, sicut paenitentia; paenitentia est velut genus;<br />
contritio est paenitentiae species. Contritio ex<br />
Tridentino 306 est animi dolor ac detestatio de<br />
peccato commisso, non utcumque, sed cum<br />
proposito non peccandi de caetero. At nullus pro<br />
alio potest habere propositum non peccandi, sive<br />
quod alius de caetero non peccet; voluntas enim<br />
Petri non est voluntas Pauli, potest tamen,<br />
intensissime dolere, quod alius peccaverit et Deo<br />
iniuriam intulerit, quod peccet et inferat.<br />
§ - LXI<br />
Quaero IV. An unus possit satisfacere pro alio?<br />
1 - Dico I. Unus homo potest satisfacere pro alio,<br />
dum uterque est in gratia; sustinendo paenam<br />
debitam pro peccato alterius. Ita communis<br />
theologorum et certa sententia. 307<br />
Probo ex cathechismo Romano, iussu Concilii<br />
Tridentini edito, sic expresse docente: Qui divina<br />
gratia praediti sunt, alterius nomine possunt, quod<br />
Deo debetur persolvere.Quare sit, ut quodam pacto<br />
alter alterius onera portare videatur 308 et merito<br />
Provo. Il termine pentirsi in primo luogo, fu<br />
imposto a significare il rifiuto e la detestazione di<br />
una cosa fatta. Elegantemente Aulo Gellio disse:<br />
Siamo soliti chiamare penitenza, quando ciò che<br />
noi stessi abbiamo fatto o ciò che per nostra<br />
volontà e nostra intenzione abbiamo fatto,<br />
incomincia poi a dispiacerci ed in esso cambiamo<br />
il nostro pensiero. Ciò ritengono gli autori<br />
riportati al paragrafo 59, conclus.1 e lo insegna<br />
anche Suarez.<br />
Ma, in seguito, il termine venne esteso a<br />
significare ogni atto, per il quale uno per il<br />
peccato commesso, da se stesso o da altro, subisce<br />
e sopporta la pena. Per cui, pentirsi, precisamente<br />
preso, significa avere pena, sopportare pena, come<br />
ho detto diffusamente sopra al §.58. Pertanto,<br />
secondo l'estensione del termine, propriamente si<br />
dice che uno si pente del peccato commesso da un<br />
altro. Può, dice Suarez, pentirsi non per<br />
riparazione, così, infatti, include essenzialmente il<br />
pentirsi rispetto al proprio peccato, ma<br />
semplicemente per odio e detestazione.<br />
6 – Si dirà: uno non si può contristare per il<br />
peccato di un altro, dunque non può pentirsi. Nego<br />
la conseguenza. Perché la contrizione non è la<br />
stessa cosa, né appare così evidente, come la<br />
penitenza; la penitenza è come il genere; la<br />
contrizione è la specie della penitenza. La<br />
contrizione, secondo il Tridentino, E' il dolore<br />
dell'animo e la detestazione del peccato<br />
commesso, non in qualunque modo, ma col<br />
proposito di non peccare più. Ma nessuno può<br />
avere il proposito di non peccare per un altro, o<br />
che un altro non pecchi più; infatti la volontà di<br />
Pietro non è la volontà di Paolo, può, tuttavia,<br />
dolersi molto profondamente che l'altro abbia<br />
peccato e offeso Dio; che pecchi e offenda.<br />
§ - LXI<br />
Chiedo IV: Uno può soddisfare per un altro?<br />
1 - In primo luogo: un uomo può soddisfare per un<br />
altro, mentre entrambi sono in grazia, accettando<br />
la pena dovuta per il peccato dell'altro. Così è la<br />
comune e certa sentenza dei teologi.<br />
Lo provo col Catechismo Romano del Concilio di<br />
Trento, che insegna espressamente: Coloro che<br />
sono pieni della grazia divina, possono in nome<br />
di un altro rendere ciò che si deve a Dio. Il motivo<br />
è che ognuno porti il peso dell'altro. E a ragione,<br />
302 Aulus Gellus, Lib.17, noct. Actic. Cap.1.<br />
303 Suarez, cit, disp.3. sett. 1, dub.4.<br />
304 Suarez, loc. cit.<br />
305 Cathechesis Romana, De sacramento paenitentiae n.77.<br />
306 Tridentinum, Sessio 14,cap.5.<br />
307 S. Thomas, in addit. ad 3. p. q.13. 4. 2. - Lib. 3, contra gent., cap. 158, in fin; Victoria, in summa q.200, de satisfact; Valentia,<br />
to. 4, disp. 7, q.14, p.3, col.4; Toletus, in summa lib. 3, cap. 11, n.6;Castropal, tract. 23, p.21, §.1.