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spazi per la memoria storica - Sistema Archivistico nazionale ...

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152<br />

Ennio Poleggi<br />

Divisa <strong>la</strong> città in otto quartieri (Santa Brigida, Santa Sabina, Santa Maria<br />

Maddalena, Soziglia, Portoria, Sarzano, Molo, Canneto), fra i dodici bargelli<br />

stabiliti si destinano otto addetti al<strong>la</strong> città murata <strong>per</strong> due guardie<br />

notturne, più un famiglio ciascuno (scrivano) <strong>per</strong> ogni quartiere; mentre a<br />

servizio del<strong>la</strong> Rota criminale si avranno tre bargelli più dieci famigli ciascuno.<br />

Quanto alle famiglie degli otto bargelli, dovranno abitare negli otto<br />

quartieri affidati concorrendo all’affitto di tre lire e due <strong>per</strong> ciascuna famiglia.<br />

Nel Pa<strong>la</strong>zzetto rimanevano invece agli inizi tre bargelli e loro famiglie,<br />

una trentina uomini di custodia, salvo i giudici e i « giovani di scagno ».<br />

Tra<strong>la</strong>sciando altri bargelli e famigli necessari a cinque e più magistrati,<br />

fatta salva l’età minima di ciascuno (45 anni), il grappolo maggiore di forze<br />

cittadine appare così attribuito ai magistrati del<strong>la</strong> Rota criminale oltre che<br />

ai Due di governo in Pa<strong>la</strong>zzo, sempre affiancati al doge.<br />

Su<strong>per</strong>ati gli aggiustamenti fondativi del Pa<strong>la</strong>zzetto, il dibattito dei Magnifici<br />

sui problemi quotidiani si farà più concreto e pragmatico attestandosi<br />

sull’assistenza pubblica, spinto com’era dal numero crescente di miserabili<br />

d’ogni provenienza, ma<strong>la</strong>ti inguaribili e delinquenti diffusi non più ospitabili<br />

nel vecchio carcere di Ma<strong>la</strong>paga (tavv. 10-11). Con estensione contemporanea<br />

al Lazzaretto del<strong>la</strong> Foce (1583), già usato <strong>per</strong> <strong>la</strong> quarantena e le ripetute<br />

epidemie, si giungerà anche a coinvolgere il monumentale Albergo dei poveri<br />

a Carbonara appena fuori le Mura vecchie (1653-1670), capace di rinchiudere<br />

2.500 anime, quando <strong>la</strong> peste aveva ridotto i residenti abituali a 70.000.<br />

Come suggerisce Grendi, <strong>per</strong> i contemporanei <strong>la</strong> vicenda del Pa<strong>la</strong>zzetto<br />

era uno dei tanti siti pubblici che, come maglie di catena in movimento,<br />

riempivano un paesaggio di “luoghi” funzionali o – piuttosto a rovescio –<br />

richiami di una solidarietà paternalista in fieri.<br />

« In due secoli dunque il sistema del<strong>la</strong> pubblica carità genovese era stato totalmente<br />

costruito. Era, caratteristicamente, un sistema di <strong>spazi</strong> diversi <strong>per</strong> funzioni solo in<br />

parte complementari. Non a caso una re<strong>la</strong>zione successiva al<strong>la</strong> peste del 1656-57<br />

enumerava congiuntamente tutte queste o<strong>per</strong>e accanto alle carceri criminali, quelle<br />

del<strong>la</strong> Ma<strong>la</strong>paga, le galere e i luoghi dove si radunano quei che prendono il pane<br />

dall’Ufficio dei Poveri » 25 .<br />

——————<br />

25 E. GRENDI, La repubblica aristocratica dei Genovesi. Politica, carità e commercio fra Cinque e<br />

Seicento, Bologna, Il Mulino, 1987, p. 296. Sul<strong>la</strong> vicenda urbanistica del Lazzaretto vi sono mappe e<br />

scritti: <strong>per</strong> il 1583 vedi AS GE, Senato, Atti, filza 1467, docc. 36-37.

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