Johann Nepomuk Nestroy Tradizione e trasgressione a cura di ...
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Fedele intenzione e coatta violazione: tradurre <strong>Nestroy</strong><br />
senta il suo talento <strong>di</strong> esperto giocoliere del linguaggio come un impe<strong>di</strong>mento<br />
a una sua esportazione oltre i confini <strong>di</strong> quella Vienna ottocentesca<br />
<strong>di</strong> cui, anche secondo Friedell, <strong>Nestroy</strong> era stato l’incarnazione, «jenes<br />
ewigen Wien, wie es war, ist und sein wird» 16 .<br />
Difficile sperare <strong>di</strong> uscire dall’empasse, se ancora oltre mezzo secolo<br />
dopo Hans Weigel si trovava a sostenere:<br />
Der gebührenden Weltgeltung <strong>Nestroy</strong>s steht seine Sprache im Weg.<br />
Sie ist als echte Theatersprache <strong>di</strong>e Aufzeichnung eines Sprechtexts,<br />
keine Literatursprache. Sie ist bestenfalls für österreichische Augen<br />
mühelos lesbar, wenn sie auch nachgewiesenermaßen für nichtösterreichische<br />
Ohren durchaus mit Vergnügen hörbar und verständlich<br />
ist. 17<br />
La convinzione che fosse impossibile rendere <strong>Nestroy</strong> in traduzione<br />
mantenendosi fedeli all’originale era stata nel frattempo suffragata da<br />
molte altre voci, non ultima quella <strong>di</strong> Martin Esslin, autore <strong>di</strong> un volume<br />
assai noto sul teatro dell’assurdo, <strong>di</strong> cui aveva in<strong>di</strong>viduato un antesignano<br />
in <strong>Nestroy</strong> proprio sulla base dell’astrusità del suo linguaggio18 .<br />
Non c’è critico che si sia occupato del drammaturgo viennese che abbia<br />
mancato <strong>di</strong> sottolineare – qualsiasi fosse la tesi che intendeva sostenere<br />
– l’originalità e unicità e complessità della lingua <strong>di</strong> <strong>Nestroy</strong>, anche là dove<br />
essa <strong>di</strong>venta volutamente banale19 .<br />
Per un’amara ironia del destino, proprio quella lingua con le cui infinite<br />
possibili modulazioni egli aveva giocato per tutta la vita, alla fine si prese la<br />
rivincita su <strong>Nestroy</strong>; la malattia circolatoria che lo avrebbe stroncato poco<br />
oltre la soglia dei sessant’anni si manifestò infatti in lui proprio in una<br />
pone problemi sulle cose. Egli libera la lingua da ogni crampo d’irrigi<strong>di</strong>mento, ed essa gli<br />
genera un pensiero per ogni modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re».<br />
16 Egon Friedell: Das Friedell Lesebuch, cit. (nota 8), p. 143; trad.: «<strong>di</strong> quella Vienna<br />
eterna, come era, è e sarà».<br />
17 Hans Weigel: <strong>Nestroy</strong>. Velber bei Hannover 1967, p. 83; trad.: «Al riconoscimento<br />
mon<strong>di</strong>ale che a <strong>Nestroy</strong> spetterebbe è <strong>di</strong> ostacolo la sua lingua. Quale autentica lingua<br />
teatrale, essa è la registrazione scritta <strong>di</strong> un testo parlato, non è lingua letteraria. Nel migliore<br />
dei casi solo gli occhi <strong>di</strong> un austriaco la leggono senza fatica, anche se, com’è provato,<br />
può essere ascoltata con spasso e capita anche da orecchie non austriache».<br />
18 Martin Esslin: The Theatre of the Absurd. London 1962. Qui, p. 241: «most of<br />
<strong>Nestroy</strong>’s <strong>di</strong>alogue is untranslatable»; trad.: «la maggioranza delle cose nei <strong>di</strong>aloghi <strong>di</strong><br />
<strong>Nestroy</strong> è intraducibile».<br />
19 Cfr. Herbert Hunger: Das Denken am Leitseil der Sprache: <strong>Johann</strong> <strong>Nestroy</strong>s geniale<br />
wie auch banale Verfremdungen durch Neologismen. Wien 1999.<br />
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