Johann Nepomuk Nestroy Tradizione e trasgressione a cura di ...
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Letteratura e calendario. Omaggio a <strong>Johann</strong> <strong>Nestroy</strong> nel bicentenario della nascita<br />
riscatto, pensava al massimo a una catarsi ripristinata nella sua accezione<br />
primigenia, senza proporsi nessuno scavalcamento metafisico. Nel mondo<br />
<strong>di</strong> <strong>Nestroy</strong> non c’è posto per la trascendenza e nemmeno per qualche<br />
speranza <strong>di</strong> poter migliorare l’umanità. C’è solo il desiderio <strong>di</strong> illustrare la<br />
realtà così come essa è, senza orpelli e fronzoli esornativi, e allo stesso<br />
modo <strong>di</strong> presentare l’umanità nella sua sostanziale vigliaccheria, senza false<br />
nobilitazioni e idealizzazioni.<br />
<strong>Nestroy</strong> non voleva affatto «prodesse et delectare», ma soltanto <strong>di</strong>vertire<br />
gli altri e se stesso, senza pretendere <strong>di</strong> cambiare nessuno. In questa<br />
sua spietata luci<strong>di</strong>tà d’analisi i censori riconoscevano giustamente la portata<br />
rivoluzionaria dei suoi lavori, tanto più che, data la sua non comune<br />
espressività mimica e gestuale e la sua strabiliante capacità <strong>di</strong> improvvisazione,<br />
non riuscivano mai a controllare fino in fondo il tenore eversivo<br />
delle sue spesso ambigue battute.<br />
Si è voluto assegnare per sottotitolo all’incontro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano il<br />
binomio «tra<strong>di</strong>zione e <strong>trasgressione</strong>», non solo perché <strong>Nestroy</strong> riprende e<br />
supera il teatro popolare che lo ha preceduto sovvertendone i canoni, ma<br />
perché a sua volta lo rifonda, dando avvio a un nuovo tipo <strong>di</strong> «Volksstück»<br />
che è insieme il suo requiem, la sua paro<strong>di</strong>a, o se si vuole la sua<br />
resurrezione sotto mutate spoglie.<br />
Dopo <strong>Nestroy</strong> molti si avvalsero della sua lezione, soprattutto dopo che<br />
il caustico Karl Kraus ebbe riportato in auge l’opera <strong>di</strong> un uomo <strong>di</strong><br />
spettacolo, le cui tracce si ritrovano – quale ere<strong>di</strong>tà consapevole o soltanto<br />
me<strong>di</strong>ata – in moltissimi autori <strong>di</strong> teatro del Novecento, anche fra quelli che<br />
in apparenza sembrano lontanissimi dalla tra<strong>di</strong>zione della farsa e della<br />
carnevalata. Per esempio nel raffinatissimo Hugo von Hofmannsthal, che<br />
fondando nel 1920 il Festival <strong>di</strong> Salisburgo, intese riallacciarsi espressamente<br />
alla tra<strong>di</strong>zione del teatro popolare 21 , ai lavori <strong>di</strong> Raimund, interprete<br />
dei tratti in<strong>di</strong>stinti e fiduciosamente intimistici della più tipica «viennesità»,<br />
e a quelli <strong>di</strong> <strong>Nestroy</strong>, «<strong>di</strong>alettico possente e pericoloso» 22 , sapendo<br />
bene anche quanto questi due scrittori, a loro volta, dovessero al teatro cisalpino<br />
del Seicento:<br />
21 Hugo von Hofmannsthal: Deutsche Festspiele zu Salzburg; Die Salzburger Festspiele;<br />
Festspiele in Salzburg. In: H. v. H.: Gesammelte Werke in zehn Einzelbänden.<br />
Frankfurt a.M. 1979. Reden und Aufsätze II. 1914-1924, pp. 255- 268.<br />
22 Ivi: Fer<strong>di</strong>nand Raimund, pp. 117-122; citaz., p. 121: «ein gewaltiger und gefährlicher<br />
Dialektiker».<br />
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