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problema si porrebbe in caso di sostituzione<br />

inferiore ai tre mesi; negli altri casi, il contrasto<br />

dell’art. 11 con l’art. 2103 c.c. è evidente, con<br />

conseguente nullità – ancora una volta – della<br />

norma contrattuale 4 .<br />

Perplessità sorgono anche con riferimento alle<br />

nuove figure contemplate dall’art. 11 di redattore<br />

esperto e di redattore senior (rispettivamente<br />

equiparati, almeno sotto il profilo retributivo,<br />

al vice capo – servizio e al capo – servizio): si<br />

tratta di redattori che si distinguono da quello<br />

ordinario per l’anzianità di servizio, nonché per<br />

la riconosciuta particolare esperienza e attività<br />

professionale svolta anche con compiti specifici.<br />

Ricorrendone i presupposti, su proposta del<br />

direttore può essere attribuita al redattore con<br />

oltre 30 mesi di anzianità professionale la mansione<br />

di redattore esperto, e al redattore esperto<br />

la mansione di redattore senior (per un più<br />

approfondito esame della questione si rinvia al<br />

commento all’art. 11). Così formulata, la norma<br />

sembra suggerire che l’attribuzione di questo<br />

nuovo incarico (che peraltro, come s’è visto,<br />

comporta l’inquadramento a una superiore<br />

qualifica) rappresenti una mera facoltà dell’editore.<br />

Si deve peraltro considerare che i requisiti<br />

indicati dall’art. 11 comportino l’enucleazione<br />

di un’attività lavorativa che (per esperienza e<br />

qualità del lavoro svolto) presuppone una più<br />

elevata professionalità del redattore esperto<br />

rispetto al redattore ordinario e del redattore<br />

senior rispetto al redattore esperto. Se è così,<br />

la norma non potrebbe subordinare alla facoltà<br />

del datore di lavoro quello che, ex art. 2103<br />

c.c., rappresenta invece un preciso diritto del<br />

giornalista, con la conseguenza che, ricorren-<br />

123<br />

mutamento di mansioni e trasferimento<br />

done i presupposti e in mancanza di formale attribuzione<br />

della superiore qualifica, il giornalista<br />

può fondatamente rivendicarla. Il problema, se<br />

mai, starà nella prova della ricorrenza <strong>dei</strong> presupposti,<br />

che non sarà sempre agevole.<br />

La dequalificazione<br />

Benché l’art. 22 CNLG nulla disponga al riguardo,<br />

il giornalista non può essere impiegato in<br />

mansioni che non siano equivalenti a quelle da<br />

ultimo svolte: come si è visto, il principio è direttamente<br />

desumibile dall’art. 2103 c.c. che,<br />

se pure non vieta al datore di lavoro di modificare<br />

le mansioni del proprio dipendente, tuttavia<br />

limita tale facoltà vietando – appunto – l’assegnazione<br />

a mansioni inferiori.<br />

Il concetto di equivalenza è stato approfondito<br />

dalla giurisprudenza che, sul punto, ha raggiunto<br />

un risultato consolidato: le nuove mansioni,<br />

per essere equivalenti a quelle precedenti, non<br />

necessariamente devono appartenere al medesimo<br />

livello di inquadramento contrattuale, o<br />

ad un livello superiore. Al contrario, la dequalificazione<br />

potrebbe configurarsi anche qualora<br />

le due mansioni in questione appartenessero<br />

al medesimo livello di inquadramento, dal momento<br />

che ciò che rileva è, primariamente, il<br />

rispetto della professionalità acquisita dal lavoratore.<br />

In questa prospettiva, il mutamento<br />

di mansioni è legittimo solo quando la nuova<br />

mansione consenta al lavoratore quanto meno<br />

di mantenere, se non di sviluppare, la professionalità<br />

posseduta; se, al contrario, la nuova<br />

mansione è tale da comportare la perdita di tale<br />

professionalità, il mutamento di mansioni si risolve<br />

in una dequalificazione ed è conseguen-<br />

4 Bisogna peraltro sottolineare che non sono mancate sentenze che attribuiscono alla contrattazione collettiva la facoltà<br />

di escludere l’automatica acquisizione della qualifica superiore (Cass. 16/12/99 n. 14154, in Foro it. 2000, I, 2875,<br />

con nota di Casola, Adibizione a mansioni superiori e promozione automatica del lavoratore: orientamenti giurisprudenziali;<br />

Cass. 11/12/2002, n. 17659, in Foro it. 2003, I, 1521): in questo modo però non si tiene conto né della natura<br />

imperativa dell’art. 2103 c.c., né del divieto <strong>dei</strong> patti contrari, sancito dalla norma stessa (infatti, in senso contrario v.<br />

Corte d’Appello Milano 31/1/2003, in D&L 2003, 334). Sul punto, bisogna anche segnalare Cass. 24/11/2006 n. 25033,<br />

in Riv. It. Dir. Lav. 2007, con nota di Occhino, 336, e in Dir. e prat. Lav. 2008, 1424, secondo cui la contrattazione collettiva<br />

può rendere fungibili anche mansioni che esprimono professionalità di grado diverso e dunque non legalmente<br />

equivalenti ex art. 2103 c.c., ma ciò solo a condizione che tali mansioni siano contrattualmente equivalenti, in quanto<br />

classificate nella medesima categoria e allo stesso livello retributivo, e comunque solo per temporanee esigenze aziendali.

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