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o che prospettano soluzioni intermedie 34 .<br />

Insomma, quello che andrà senz’altro evitato è di<br />

richiedere, al lavoratore demansionato, una prova<br />

impossibile circa le sue “minori capacità professionali”<br />

a seguito della dequalificazione, piuttosto<br />

che sui “patimenti” derivanti dal vedersi privare,<br />

da un giorno all’altro, del ruolo acquisito e perfezionato<br />

in anni di pratica. Non a caso, del resto,<br />

la stessa Suprema Corte richiama in motivazione<br />

l’art. 115 cpc, secondo cui il Giudice può porre<br />

a fondamento della propria decisione “le nozioni<br />

di fatto che rientrano nella comune esperienza”,<br />

ovvero “il fatto conosciuto da un uomo di media<br />

cultura in un dato tempo e luogo” 35 .<br />

In ordine alla quantificazione del danno alla professionalità,<br />

la giurisprudenza di regola fa riferimento<br />

alla retribuzione del lavoratore dequalificato,<br />

liquidando un risarcimento pari a una certa<br />

quota della retribuzione mensile (di solito, la<br />

metà o un quarto), per ogni mese di intervenuta<br />

dequalificazione e quindi a far tempo dall’inizio<br />

della dequalificazione e fino al momento in cui<br />

venga assegnata una mansione coerente con la<br />

professionalità e con il livello di inquadramento<br />

del lavoratore. Questa quantificazione equitativa<br />

è sicuramente corretta, dal momento che la retribuzione<br />

rappresenta l’indice più sicuro del valore<br />

economico di una professionalità. Del resto,<br />

129<br />

mutamento di mansioni e trasferimento<br />

non è un caso che un lavoratore venga pagato in<br />

misura maggiore o inferiore a seconda, appunto,<br />

della sua abilità professionale.<br />

Il trasferimento<br />

Anche con riguardo al trasferimento, l’art. 22<br />

CNLG presuppone l’art. 2103 c.c. che dispone,<br />

oltre a quanto si è già visto in tema di mansioni,<br />

il divieto di trasferire il lavoratore da un’unità produttiva<br />

a un’altra se non per comprovate ragioni<br />

tecniche, organizzative e produttive. Anche con<br />

riguardo a questa ipotesi, l’ultimo comma della<br />

norma codicistica dispone la nullità di ogni patto<br />

contrario.<br />

La giurisprudenza ha sempre inteso la norma di<br />

legge nel senso che le ragioni giustificatrici del<br />

trasferimento devono sussistere tanto con riguardo<br />

alla sede di provenienza, quanto in relazione<br />

alla sede di destinazione: ciò vuol dire, in altre<br />

parole, che in tanto il trasferimento è giustificato<br />

in quanto il lavoratore, divenuto inutile nella sede<br />

originaria, è indispensabile in quella di destinazione<br />

36 .<br />

Si deve ritenere ormai superata la giurisprudenza<br />

che pretendeva l’enunciazione, per quanto sommaria,<br />

delle ragioni giustificatrici del trasferimento<br />

contestualmente all’adozione del provvedimento<br />

37 . Piuttosto, attualmente la giurisprudenza<br />

34 Cass. 26/11/2008 n. 28274, in Lav. nelle P.A. 2008, 1149, ha fatto ricorso alle presunzioni, precisando che a tal fine non<br />

occorre che l’esistenza del fatto ignoto rappresenti l’unica conseguenza possibile di quello noto secondo un legame di necessarietà<br />

assoluta ed esclusiva, ma è sufficiente che dal fatto noto sia desumibile quello ignoto, alla stregua di un giudizio<br />

di probabilità basato sull’id quod plerumque accidit. In tema di presunzioni, v. anche Corte app. Firenze 12/2/2008, in D&L<br />

2008, con nota di Alvaro, “La teoria eventistica del danno si riaffaccia nella giurisprudenza di merito”, 974.<br />

35 Cass. 19834/04; Cass. 5493/04<br />

36 Trib. Roma 16/3/00, in Dir. lav. 2000, 457; Pret. Nocera Inferiore 20/1/98, in D&L 1998, 718; Pret. Milano 7/7/97, ivi 1998,<br />

134; Pret. Roma 6/2/95, ivi 1995, 638; Trib. Milano 6/11/93, ivi 1994, 323; Trib. Milano 16/7/92, ivi 1992, 927; Trib. Torino<br />

19/11/94, ivi 1995, 642; Pret. Milano 7/11/95, ivi 1996, 450; Pret. Milano 18/10/94, ivi 1995, 379; Pret. Milano 7/10/95, ivi<br />

1996, 149; Pret. Milano 24/1/95, ivi 1995, 645; Pret. Milano 5/6/87, in Lavoro 80 1987, 735; Pret. Milano 7/7/87, ivi 1987,<br />

1046; Pret. Milano 7/4/84, ivi 1984, 709; Cass. 28/8/76 n. 3065, in Giur. it. 1977, I, 1, 436; Pret. Milano 10/9/79, in Orientamenti<br />

1980, 24; Pret. Milano 7/11/84, in Lavoro 80 1985, 167; Pret. Milano 24/10/84, ivi 1985, 526; Pret. Milano 21/4/86, ivi<br />

1986, 879.<br />

37 Che la motivazione del trasferimento debba essere contestuale al provvedimento era stato autorevolmente sostenuto<br />

dalla Sezioni Unite della Cassazione (Cass. S.U. 26/1/79 n. 594, in Mass. giur. lav. 1979, 378). In senso conforme, v. Cass.<br />

6/6/79 n. 3219, in Foro it., Rep. 1979, v. Lavoro (rapporto), 749; Pret. Parma 16/3/99, in D&L 1999, 581; Pret. Milano 21/4/86,<br />

in Lavoro 80 1986, 879; Pret. Milano 25/2/86, ivi 1986, 873; Pret. Milano 16/12/85, ivi 1986, 489; Trib. Milano 18/1/84,<br />

ivi 1984, 495; Trib. Milano 30/4/83, ivi 1983, 697; Pret. Milano 7/12/89, ivi 1990, 303; Pret. Milano 16/1/89, ivi 1989, 447.<br />

Tuttavia, questo orientamento è stato in seguito sostanzialmente abbandonato. In senso contrario, v. infatti Cass. 19/6/87 n.<br />

5432, in Not. giur. lav. 1987, 778; Trib. Vicenza 26/10/90, ivi 1990, 833; Pret. Milano 4/5/88, in Dir. e pratica lav. 1988, 2502;<br />

Pret. Como 19/7/83, in Not. giur. lav. 1983, 374.

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