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no decorsi cinque giorni dalla contestazione), il<br />

datore di lavoro potrebbe infliggere la sanzione<br />

disciplinare.<br />

La contestazione (che, come si è visto, costituisce<br />

il momento iniziale della procedura disciplinare)<br />

deve possedere alcune caratteristiche, pena l’il-<br />

251<br />

legittimità della sanzione disciplinare conseguentemente<br />

inflitta. In primo luogo, la contestazione<br />

deve essere tempestiva 18 rispetto alla mancanza<br />

commessa 19 ; in secondo luogo, è necessario che<br />

sia indicato con sufficiente determinazione il fatto<br />

contestato 20 ; in terzo luogo, la contestazione è<br />

18 ass. 21/6/2007 n. 14487, in Lav. nella giur. 2008, 87, e in Dir. e prat. lav. 2008, 1062; Cass. 7/11/2003 n. 16754, in Dir. e prat.<br />

lav. 2004, 721; Trib. Milano 6/2/2003, in D&L 2003, 336. Per esempio, è stata ritenuta tardiva una contestazione effettuata a<br />

distanza di circa sei mesi dal fatto, in mancanza della prova (che deve essere fornita dal datore di lavoro) che di tale fatto si è<br />

venuti a conoscenza non nell’immediatezza del suo accadimento, ma in epoca successiva (Trib. Milano 14/2/98, in Lav. giur.<br />

1998, 797). Infatti, l’immediatezza della contestazione deve essere intesa in senso relativo, dunque avendo come termine di<br />

riferimento non il momento in cui il fatto è stato commesso, ma il momento – che può anche essere successivo – in cui il datore<br />

di lavoro ne sia venuto a conoscenza, tenuto eventualmente conto del tempo necessario per compiere accertamenti (Cass.<br />

23/2/2006 n. 4034, in D&L 2006, 492, n. U.M. Cafiero, “La tempestività dell’azione disciplinare”; Cass. 17/9/2004 n. 18722, in<br />

Lav. e prev. oggi 2005, 368; Cass. 23/11/91 n. 12617, in Not. giur. lav. 1992, 244; Trib. Milano 17/10/2005, in Orient. Giur. Lav.<br />

2005, 915; Corte d’Appello Firenze 3/4/2002, in D&L 2003, 163, con nota di Lisa Giometti, “Temperamenti e limiti invalicabili<br />

del criterio di tempestività dell’azione disciplinare in relazione ad addebito disciplinare integrante ipotesi di reato”). Nel caso<br />

particolare in cui penda un procedimento penale a carico del lavoratore, è stato affermato che il principio di tempestività della<br />

contestazione deve essere coordinato con l’esigenza di accertare i fatti; pertanto, non può essere considerato alla stregua di<br />

rinuncia del potere disciplinare il comportamento del datore di lavoro che tenga in servizio il lavoratore, riservandosi di provvedere<br />

all’esito degli accertamenti giudiziari (Cass. 11/5/2004 n. 8914, in Lav. e prev. oggi 2004, 1291; Cass. 4/2/92 n. 1165,<br />

in Not. giur. lav. 1992, 533. V. anche Cass. 29/10/91 n. 11508, in Dir. prat. lav. 1992, 60, che ha escluso che il datore di lavoro<br />

possa ritardare l’intimazione del recesso fino all’esito del giudizio penale). E’ comunque escluso che il datore di lavoro possa<br />

cumulare gli addebiti e contestarli dopo un lungo periodo di tempo, sia per l’obbligo di garantire al lavoratore un’adeguata<br />

replica, obiettivamente pregiudicata a distanza di molti mesi dai fatti, sia al fine di evitare una sommatoria di addebiti che rendano<br />

complessivamente più grave la contestazione. (Trib. Milano 27/5/2003, in Lav. nella giur. 2004, 91), anche perché la mancata<br />

tempestiva contestazione può configurare ipotesi di acquiescenza da parte del datore di lavoro (Trib. Milano 19/7/2002,<br />

in D&L 2002, 988, con nota di Matteo Paulli, “La tolleranza di condotte sanzionabili determina acquiescenza”).<br />

19 La tempestività della contestazione viene intesa con particolare rigore nel caso di licenziamento senza preavviso, in quanto<br />

il decorso di un lungo intervallo di tempo tra il momento in cui il provvedimento espulsivo viene adottato e il momento nel<br />

quale il fatto posto a fondamento dello stesso è stato posto in essere, ovvero è giunto a conoscenza del datore di lavoro, sta<br />

ragionevolmente a significare la compatibilità del fatto stesso con la prosecuzione del rapporto di lavoro, con ciò escludendo<br />

la sussistenza di una causa giustificatrice di un licenziamento con immediato effetto risolutivo: Cass. 10/5/95 n. 5093, in Lav.<br />

giur. 1996, 82; Cass. 22/2/95 n. 2018, in Mass. giur. lav. 1995, 370; Cass. 24/11/94 n. 9961, in Dir. prat. lav. 1995, 766; Cass.<br />

25/7/94 n. 6903, ivi 1995, 151; Cass. 27/6/94 n. 6171, ivi 1994, 3314; Cass. 12/11/93 n. 11180, ivi 1994, 304; Cass. 23/11/91 n.<br />

12617, ivi 1992, 246; Cass. 23/11/85 n. 5850, ivi 1985, 1768, Cass. 17/11/84 n. 5876, in Giur. piemontese 1985, 706. Tuttavia,<br />

anche il licenziamento per giustificato motivo, per la sua validità, richiede il rispetto del principio dell’immediatezza: infatti,<br />

anch’esso è idoneo a determinare l’estinzione del rapporto, seppure non con effetto immediato; pertanto, anche in questo<br />

caso è necessario rispettare l’esigenza di garantire la possibilità per il lavoratore di una utile difesa, pregiudicata, all’opposto,<br />

dalla tardività, anche sotto il profilo della difficoltà del ricordo a fini di ricostruzione difensiva <strong>dei</strong> fatti (Cass. 23/8/00, n. 11038,<br />

in Lavoro e prev. oggi 2000, 2089 e in Orientamenti 2000, 782.<br />

20 Più precisamente, è stato ritenuto che la contestazione è specifica quando il lavoratore possa individuare, nella sua materialità,<br />

il fatto o i fatti considerati illeciti dal datore di lavoro (Cass. 18/4/95 n. 4337, in Lav. giur. 1995, 911; Cass. 27/2/95 n.<br />

2238, in Dir. prat. lav. 1995, 1991; Cass. 27/1/93 n. 1000, in Mass. giur. lav. 1993, 219; Cass. 8/10/92 n. 10955, in Dir. prat.<br />

lav. 1992, 3137; Cass. 27/4/87 n. 4073, ivi 1987, 2698; Cass. 9/11/85 n. 5484, ivi 1986, 228; Cass. 17/11/84 n. 5876, in Giur.<br />

piemontese 1985, 706; Trib. Modena 7/10/2008, in Lav. nelle P.A. 2008, 1132; Trib. Torino 30/4/82, ivi 1983, 77). Il principio<br />

della specificità della contestazione non può arrivare al punto di pretendere che vengano indicati anche il giorno e l’ora in cui<br />

è avvenuto il fatto, peraltro a condizione che al datore di lavoro sia impossibile la sua collocazione temporale e sempre che il<br />

lavoratore abbia potuto utilmente esercitare il diritto di difesa (Cass., 18/2/94 n. 1561, in Dir. prat. lav. 1994, 1544; Pret. Firenze<br />

4/1/92, in Riv. it. dir. lav. 1993, I, 326), o che venga indicata la norma contenente la sanzione (Cass. 28/9/96 n. 8571, in Lav.<br />

giur. 1997, 255) o la norma che prevede la infrazione (Cass. 23/2/91 n. 1937, in Giur. it. 1993, I, I, 699; Cass. 9/4/90 n. 2949, in<br />

Dir. prat. lav. 1990, 2179; Cass. 17/4/82 n. 2369, in Giust. civ. 1982, I, 2755; Trib. Milano 24/1/95, in Orientamenti 1995, 181).<br />

In ogni caso, la genericità della contestazione determina la nullità della sanzione anche qualora il lavoratore abbia presentato<br />

le proprie giustificazioni (Cass. 28/3/96 n. 2791, in D&L 1996, 981; Cass. 27/5/95 n. 5967, ivi 1996, 487, con nota di MUGGIA;<br />

Pret. Milano 21/7/92, ivi 1993, 665). La nullità della sanzione inflitta a seguito di una contestazione generica è stata affermata<br />

anche da Pret. Lecco 28/10/97, in D&L 1998, 767 e da Pret. Roma 13/7/97, ivi 1998, 179.

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