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Art.50<br />

ditore 31 , né divulgare notizie attinenti all’organizzazione<br />

e ai metodi di produzione dell’impresa,<br />

o farne uso in modo da poter recare ad<br />

essa pregiudizio 32 . In ogni caso, il Regolamento<br />

ricomprende nella responsabilità disciplinare del<br />

giornalista solamente la violazione di norme comportamentali,<br />

con esclusione dunque di qualsiasi<br />

interferenza sulla sua prestazione lavorativa e, soprattutto,<br />

sui suoi contenuti. Infatti, a tale riguardo<br />

il Regolamento esclude la possibilità di intervento<br />

dell’editore nel campo <strong>dei</strong> diritti e <strong>dei</strong> doveri fissati<br />

dalla legge istitutiva dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong>,<br />

che restano dunque nell’ambito dell’esclusiva<br />

competenza disciplinare <strong>dei</strong> consigli regionali e<br />

nazionali dell’<strong>Ordine</strong>.<br />

Fatte le necessarie e generali premesse di cui sopra,<br />

bisogna ancora rilevare che il Regolamento<br />

contempla una serie di sanzioni disciplinari e le<br />

infrazioni che, se commesse dal giornalista, possono<br />

giustificarle. Più precisamente, le ipotesi<br />

contemplate sono le seguenti:<br />

• rimprovero verbale. Si tratta dell’unica sanzione<br />

che (per espressa disposizione di legge) può<br />

essere inflitta anche prima che sia decorso il<br />

termine di cinque giorni dalla contestazione. Il<br />

Regolamento non elenca specificamente i casi<br />

254<br />

in cui questa sanzione possa essere legittimamente<br />

inflitta, disponendo solo genericamente<br />

che il rimprovero verbale si applica nelle ipotesi<br />

di infrazioni lievi e, comunque, in caso di inosservanza<br />

degli obblighi previsti dall’art. 7 CNLG<br />

e, dunque, sostanzialmente, nel caso di violazione<br />

del rispetto dell’orario di lavoro;<br />

• rimprovero scritto. Questa sanzione può essere<br />

inflitta nel caso di violazione degli obblighi<br />

contrattuali. Naturalmente, anche le infrazioni<br />

contemplate per l’ipotesi del rimprovero verbale<br />

rappresentano una violazione di obblighi<br />

contrattuali: si deve pertanto concludere che, a<br />

seconda che l’infrazione sia lieve oppure no, il<br />

giornalista subirà un rimprovero verbale o scritto.<br />

In ogni caso, la stessa norma contempla<br />

espressamente un’ipotesi di infrazione cui può<br />

conseguire la sanzione in questione: si tratta<br />

del caso di assenza senza giustificato motivo;<br />

• multa. Il Regolamento non quantifica la misura<br />

della multa; tuttavia, a tale riguardo, soccorre<br />

l’art. 7 S.L., dove è previsto che la sanzione<br />

di cui si parla non può eccedere l’importo<br />

corrispondente a quattro ore della retribuzione<br />

base. Il Regolamento prevede che la multa può<br />

essere inflitta in caso di recidive nelle infrazioni<br />

31 Si è ritenuto che rientri nella sfera dell’obbligo di fedeltà il divieto di trattare affari in concorrenza con l’imprenditore, nel<br />

medesimo settore produttivo o commerciale, anche se tale comportamento non integri gli estremi della c oncorrenza sleale ai<br />

sensi dell’art. 2598 c.c. (Cass. 16/1/88 n. 299, in Dir. e prat. lav. 1988, 1517). Inoltre, anche un singolo atto concorrenziale è<br />

stato ritenuto idoneo a minare la fiducia che sottende il rapporto di lavoro e a giustificare la sanzione del licenziamento, a prescindere<br />

dal danno concretamente subito dal datore di lavoro (Pret. Milano 16/7/97, in Lav. giur. 1998, 156). Un’altra ipotesi di<br />

concorrenza vietata è stata ravvisata nel caso in cui il lavoratore, benché addetto a mansioni esecutive, aveva posto in essere<br />

un’altra società per svolgere un’attività imprenditoriale in concorrenza con quella del datore di lavoro, per di più utilizzando la<br />

conoscenza che egli aveva di notizie riservate e destinate a rimanere segrete al fine di aggiudicarsi un appalto (Cass. 3/6/85 n.<br />

3301, in Mass. giur. lav. 1986, 44). Il divieto di costituire una società o un’impresa individuale, avente per oggetto la medesima<br />

attività economica del datore di lavoro, è stata affermata anche da Cass. 16/1/96 n. 313, in Lav. giur. 1996, 594; Cass. 5/12/90<br />

n. 11657, in Dir. e prat. lav. 1991, 964; Cass. 5/4/90 n. 2822, ivi 1990, 2143; Cass. 1/8/88 n. 3719, in Mass. giur. lav. 1988,<br />

663; Cass. 18/7/87 n. 6342, in Dir. e prat. lav. 1987, 3525; Cass. 20/1/87 n. 495, ivi 1987, 1723; Cass. 5/4/86 n. 2372, ivi 1986,<br />

2026. Al contrario è stato escluso, salvo che si tratti di prestazioni di natura intellettuale caratterizzate da notevole autonomia<br />

e discrezionalità, che lo svolgimento di un’attività lavorativa subordinata alle dipendenze di un’impresa in concorrenza con<br />

il datore di lavoro integri, di per sé, la violazione del divieto di concorrenza ex art. 2105 c.c. (Cass. 1/12/81 n. 6381, in Riv. it.<br />

dir. lav. 1982, II, 322; Pret. Milano 4/4/84, in Lavoro 80 1984, 883; Pret. Milano 29/6/82, ivi 1982, 1053). In ogni caso, è stato<br />

chiarito che il divieto in questione non riguarda la concorrenza che il lavoratore può svolgere nei confronti del datore di lavoro<br />

dopo la cessazione del rapporto di lavoro (Cass. 23/4/97 n. 3528, in Dir. e prat. lav. 1997, 2312).<br />

32 In particolare, è stato ritenuto che costituisca un fatto intrinsecamente illecito la condotta del lavoratore, consistita nell’impossessamento<br />

di documenti del datore di lavoro conservati in archivio e nella loro riproduzione, a fini personali, con apparecchiature<br />

e carta del datore di lavoro medesimo, e ciò a prescindere dal carattere riservato di quei documenti (Cass. 2/3/93<br />

n. 2560, in Dir. e prat. lav. 1993, 1272; Cass. 9/10/91 n. 10591, ivi 1991, 3259; Cass. 24/5/85 n. 3156, in Giust. civ. 1985, I,<br />

2523).

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