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comma 3 dell’art. 8 prevede il caso in cui, in costanza<br />

di rapporto, l’editore richieda al giornalista<br />

la prestazione esclusiva. In una simile ipotesi, il<br />

giornalista ha diritto a un superminimo non inferiore<br />

al 13% del minimo di stipendio, salva la<br />

facoltà del lavoratore di risolvere il rapporto con<br />

diritto al trattamento dovuto per il caso di licenziamento<br />

(a tale riguardo, lo stesso art. 8 si preoccupa<br />

di precisare che le indennità in questione<br />

sono il TFR e l’indennità di mancato preavviso).<br />

C’è da chiedersi se l’esclusiva, non pattuita al<br />

momento dell’assunzione, possa essere unilateralmente<br />

imposta dall’editore in costanza di<br />

rapporto. La risposta deve essere negativa, dal<br />

momento che lo svolgimento del rapporto di lavoro<br />

giornalistico senza la clausola di esclusiva<br />

costituisce sicuramente un aspetto qualificante<br />

del rapporto di lavoro, così come concordato<br />

dalle parti, tale da non poter essere modificato<br />

se non in presenza di un mutuo consenso. Del resto,<br />

la circostanza che la norma contrattuale parli<br />

di richiesta da parte dell’editore fa intendere che<br />

si tratti di una mera proposta, suscettibile di accettazione<br />

ma anche di rifiuto, inidonea dunque a<br />

modificare unilateralmente le originarie condizioni<br />

contrattuali.<br />

In contrario non si potrebbe far leva sulla circostanza<br />

che il giornalista ha comunque la facoltà di<br />

dimettersi con diritto all’indennità sostitutiva del<br />

preavviso. Infatti, questa facoltà del giornalista<br />

non presuppone un mutamento, unilateralmente<br />

disposta, delle condizioni contrattuali; al contrario,<br />

l’ipotesi di cui si parla è sicuramente coerente<br />

con il disposto dell’art. 32 c. 2 CNLG, che consente<br />

al giornalista le dimissioni, con diritto all’indennità<br />

sostitutiva del preavviso, per fatti che<br />

siano imputabili alla responsabilità dell’editore e<br />

che determinino una situazione di incompatibilità<br />

con la dignità del giornalista. In altre parole, le dimissioni<br />

di cui all’art. 8 c. 3 sono una tipizzazione<br />

delle dimissioni ex art. 32 c. 2, giacché la semplice<br />

proposta non concordata contestualmente<br />

alla stipulazione del contratto costituisce una<br />

situazione lesiva della dignità del giornalista. Se<br />

ciò non bastasse, si consideri ancora che la norma<br />

ha natura tralaticia, e risale a un’epoca in cui<br />

71<br />

RappoRti pluRumi<br />

la legislazione non offriva ai lavoratori dipendenti<br />

alcuna tutela contro i licenziamenti ingiustificati;<br />

pertanto, in un contesto normativo come questo,<br />

il giornalista che rifiutasse la proposta di inserire<br />

l’esclusiva nel contratto di lavoro si esporrebbe<br />

sicuramente al rischio di licenziamento: proprio<br />

per evitare al lavoratore l’onta del licenziamento,<br />

le parti collettive hanno considerato la possibilità<br />

che egli assuma l’iniziativa, prevenendo il licenziamento<br />

senza perdere il diritto alla indennità<br />

sostitutiva del preavviso.<br />

La seconda deroga alla facoltà del giornalista di<br />

porre in essere, in aggiunta ad un rapporto ex art.<br />

1 CNLG, altri rapporti di lavoro giornalistico di diversa<br />

natura, è sancita dall’ultimo comma della<br />

norma in esame. E’ infatti disposto che in ogni<br />

caso il giornalista non possa assumere incarichi<br />

in contrasto con gli interessi morali e materiali del<br />

suo editore. La disposizione contrattuale rappresenta<br />

un’applicazione del più generale obbligo di<br />

fedeltà previsto dall’art. 2105 c.c..<br />

La norma tende a salvaguardare gli interessi<br />

materiali dell’editore: ciò sembra voler dire che,<br />

innanzi tutto, il giornalista non potrà svolgere attività<br />

lavorativa per riviste concorrenti, come tali<br />

intendendosi quelle riviste che abbiano la stessa<br />

periodicità e la stessa area diffusionale (territoriale<br />

o tematica). Inoltre, la norma si preoccupa<br />

di salvaguardare gli interessi morali dell’editore:<br />

in questa prospettiva, il giornalista non potrebbe,<br />

per esempio, assumere incarichi che concernano<br />

la stessa materia che forma oggetto della<br />

sua attività lavorativa normalmente espletata per<br />

l’editore – per così dire – originario. In ogni caso,<br />

anche il divieto dell’ultimo comma concerne, genericamente,<br />

gli incarichi e, dunque, fa riferimento<br />

ad attività professionali non necessariamente<br />

di carattere giornalistico.<br />

In ogni caso, l’ultimo periodo dell’ultimo comma<br />

della norma in esame fa salva la libertà del giornalista<br />

di manifestare sempre e comunque le proprie<br />

opinioni attraverso pubblicazioni di tendenza,<br />

ovvero di carattere culturale, religioso, politico<br />

o sindacale.<br />

Stabiliti i divieti indicati dall’art. 8, resta da dire<br />

delle conseguenze della eventuale violazione di

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