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Scarica (PDF) - Ordine dei Giornalisti

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la mancanza <strong>dei</strong> poteri tipici del dirigente, con<br />

conseguente applicabilità dell’art. 18 S.L..<br />

Per un approfondimento della questione, si rinvia<br />

al commento all’art. 27.<br />

Il direttore editoriale<br />

Alcune aziende editoriali affiancano al direttore<br />

responsabile un direttore editoriale, che talvolta<br />

svolge questa mansione per una pluralità di testate<br />

edite dalla medesima società. Costui, di<br />

fatto, esercita il ruolo tipicamente spettante al<br />

direttore, nel senso che stabilisce e gestisce la<br />

linea politico – editoriale della rivista e si pone<br />

come il supremo livello del corpo redazionale. In<br />

questa situazione, al direttore responsabile resta<br />

solamente lo sgradito compito – appunto – del<br />

responsabile, senza peraltro avere voce in capitolo<br />

rispetto a decisioni che – per quanto si è detto<br />

– non competono a lui.<br />

Come si vede, la figura del direttore editoriale è<br />

veramente anomala; non solo, si tratta di una posizione<br />

professionale che addirittura pone dubbi<br />

di legittimità, in quanto contrastante con l’art. 6<br />

CNLG. Infatti, e come si è detto, la norma contrattuale<br />

è fondata sul principio che il direttore è,<br />

da un lato, il responsabile della testata e, dunque,<br />

deve essere dotato di una serie di poteri adeguati,<br />

che hanno come contrappeso solo un controllo<br />

preventivo da parte del corpo redazionale;<br />

dall’altro lato, il direttore è il tramite tra redazione<br />

e editore e, al contempo, garante dell’autonomia<br />

<strong>dei</strong> giornalisti. Si vede allora che, affiancando al<br />

direttore responsabile un direttore editoriale, si<br />

perviene ad una sovrapposizione di ruoli e si vanifica<br />

l’impianto dell’art. 6 CNLG: il direttore è dotato<br />

di poteri perché è responsabile, ma il direttore<br />

editoriale ha i poteri senza la responsabilità, e<br />

viceversa; inoltre, la presenza di due posizioni al<br />

63<br />

poteri del direttore<br />

vertice rende problematica l’individuazione della<br />

figura giornalistica che costituisca realmente il<br />

tramite tra redazione ed editore e che al contempo<br />

garantisca l’autonomia del giornalista.<br />

Se quanto si è detto non bastasse, si consideri<br />

ancora che l’art. 6 pretende che, all’insediamento<br />

del direttore, si svolga la procedura sopra descritta<br />

nei confronti del CdR e del corpo redazionale,<br />

che ha ad oggetto in particolare la linea politico<br />

– editoriale concordata con l’editore. Pertanto,<br />

a rigore, la procedura dovrebbe essere effettuata<br />

all’atto della nomina di entrambi i direttori, sia<br />

quello editoriale che quello responsabile; tuttavia,<br />

è molto probabile che l’editore concordi la linea<br />

politico – editoriale solo con il direttore editoriale,<br />

e non anche con quello responsabile, con la<br />

conseguenza che in alcuni casi la procedura di<br />

informazione resterebbe svuotata, in quanto non<br />

c’è nulla da comunicare.<br />

Come si vede, il direttore editoriale non è solo<br />

una figura non contemplata dall’art. 6 CNLG e introdotta<br />

da alcuni editori solo in via di mero fatto;<br />

di più, si tratta di un’ipotesi che confligge con la<br />

lettera e con lo spirito della norma, che preclude<br />

al giornalista di essere pienamente tutelato (nella<br />

sua autonomia in generale e – in particolare – nei<br />

rapporti con l’editore), che ingenera confusione in<br />

ordine al soggetto che abbia effettivamente concordato<br />

con l’editore la linea politico – editoriale e<br />

che potrebbe addirittura creare questioni di condotta<br />

antisindacale per la sostanziale violazione<br />

della procedura disciplinata dall’art. 6 CNLG.<br />

In ogni caso, è evidente che in una simile ipotesi il<br />

direttore responsabile potrà agevolmente, all’occorrenza,<br />

provare che il suo inquadramento nella<br />

categoria <strong>dei</strong> dirigenti è solo formale e niente<br />

affatto sostanziale, con le conseguenze illustrate<br />

sopra e nel commento all’art. 27.

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