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Art.2 Art.7<br />

Nota a verbale<br />

Considerate le caratteristiche proprie e le modalità di svolgimento dell’attività<br />

giornalistica e le eventuali conseguenti pause di fatto, le parti si danno atto che per<br />

i giornalisti di cui al 4° comma del presente articolo, l’utilizzo giornaliero del VDT<br />

(compresi i PC redazionali collegati o meno al sistema) non può coincidere con<br />

l’orario di lavoro previsto dal 2° comma.<br />

COmmentO<br />

I contraenti hanno ritenuto di non apportare modifiche<br />

a questo articolo del contratto, e ciò sebbene,<br />

nel periodo successivo alla stipula del precedente<br />

contratto collettivo, sia entrata in vigore<br />

una norma (D. Lgs. 8 aprile 2003 n. 66) che ha<br />

introdotto rilevanti novità in materia di orario di lavoro,<br />

aggiornando così la normativa precedente,<br />

che risaliva addirittura agli anni venti.<br />

Ciò si può spiegare essenzialmente con il carattere<br />

migliorativo delle disposizioni contrattuali rispetto<br />

a quelle legali, o quanto meno con la compatibilità<br />

delle stesse anche alle nuove previsioni<br />

di legge, ciò rendendo non necessaria una modifica<br />

del dettato contrattuale.<br />

Innanzitutto rimane confermata la “dichiarazione<br />

congiunta” con cui si apre la disposizione in esame,<br />

che non costituisce una mera affermazione di<br />

principio, ma la chiave di lettura dell’intera normativa<br />

contrattuale in tema di orario di lavoro. Tutte<br />

le previsioni contrattuali in materia, infatti, devono<br />

essere lette sulla scorta di quello che costituisce<br />

un dato di fatto innegabile, ovvero l’impossibilità<br />

di inquadrare la prestazione di lavoro giornalistica<br />

entro rigidi schemi temporali. Ciò per più ragioni,<br />

che vanno dal diverso impegno richiesto nell’arco<br />

della settimana, o del mese, ai giornalisti addetti<br />

a periodici, all’attribuzione di incarichi, quali<br />

in particolare quelli da svolgersi all’esterno della<br />

redazione, la cui durata non può essere determinata<br />

a priori.Di fatto, tale principio è da ritenersi<br />

ormai acquisito, come si evince anche dal paci-<br />

1 V. il commento all’art. 1 del contratto<br />

66<br />

fico riconoscimento della natura subordinata di<br />

rapporti di lavoro intrattenuti da giornalisti pur in<br />

assenza di precisi vincoli di orario; in buona sostanza,<br />

mentre per la gran parte delle diverse categorie<br />

professionali l’osservanza di un orario di<br />

lavoro preciso e predeterminato costituisce uno<br />

degli indici più significativi della natura subordinata<br />

del rapporto di lavoro, in ambito giornalistico<br />

tale aspetto è da considerarsi assolutamente secondario<br />

e marginale 1 .<br />

Così come, non a caso, esistono figure professionali,<br />

quali il collaboratore fisso ex art. 2 o il<br />

corrispondente ex art. 12, del tutto svincolate dal<br />

rispetto di orari di lavoro.<br />

Posta tale premessa di carattere generale, il<br />

contratto precisa che esiste comunque un orario,<br />

definito di massima, di 36 ore settimanali da<br />

distribuirsi su cinque giorni settimanali; dunque,<br />

l’orario giornaliero medio viene individuato in 7<br />

ore e 12 minuti, e tale prestazione deve essere<br />

resa, quand’anche in modo spezzato, in un arco<br />

temporale non superiore alle 10 ore. Sul punto la<br />

norma contrattuale è indubbiamente migliorativa<br />

rispetto alla previsione legale, che da un lato indica<br />

in 40 l’orario normale di lavoro (art. 3 D. Lgs.<br />

66/03) e dall’altro (art. 4) indica in 48 ore il numero<br />

massimo di ore di lavoro (comprese quelle di straordinario)<br />

che possono essere prestate nell’arco<br />

di sette giorni.<br />

Il contratto prevede espressamente la possibilità<br />

di una diversa distribuzione dell’orario nell’ambito<br />

<strong>dei</strong> cinque giorni; ciò significa, in sostanza, che<br />

il direttore, cui compete ex art. 6 l’individuazione

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