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Art.23<br />

COmmeNTO<br />

Il diritto alle ferie retribuite<br />

L’art. 2109 c.c. attribuisce ai lavoratori il diritto a<br />

un periodo annuale di ferie retribuito. Secondo<br />

la disposizione legislativa appena citata, il periodo<br />

delle ferie viene stabilito dall’imprenditore, e<br />

previamente comunicato al lavoratore, tenendo<br />

conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi<br />

del lavoratore. Peraltro, il potere del datore<br />

di lavoro di determinare il periodo feriale non è<br />

senza limitazioni che, in primo luogo, derivano direttamente<br />

dalla legge. Infatti, nell’individuazione<br />

del periodo feriale, egli deve tener conto <strong>dei</strong> contrapposti<br />

interessi, da un lato aziendali e dall’altro<br />

del singolo lavoratore al recupero delle energie<br />

pisco – fisiche, perdute durante l’espletamento<br />

della prestazione lavorativa 1 . Pertanto, il datore<br />

di lavoro non potrebbe attribuire un’ingiustificata<br />

prevalenza ai propri interessi a totale detrimento<br />

del contrapposto interesse del lavoratore 2 , né<br />

potrebbe unilateralmente imporre al lavoratore un<br />

periodo feriale talmente breve da non consentirgli<br />

il recupero delle energie psico – fisiche 3 . In ogni<br />

caso, l’epoca delle ferie deve essere comunicata<br />

con quel preavviso che, secondo correttezza e<br />

136<br />

buona fede, consenta al lavoratore di organizzare<br />

in modo conveniente il riposo concesso 4 . L’art.<br />

2109 c.c. impone anche di non computare nelle<br />

ferie il periodo di preavviso: pertanto, il datore di<br />

lavoro non può unilateralmente imporre le ferie<br />

durante questo periodo. Altre limitazioni possono<br />

provenire dalla contrattazione collettiva, che<br />

talvolta attribuisce la determinazione del periodo<br />

feriale a un accordo tra datore di lavoro e organi<br />

di rappresentanza <strong>dei</strong> lavoratori 5 .<br />

Il potere di cui si è detto è stato ulteriormente limitato<br />

dall’art. 10 D. Lgs. 66/03. La norma, dopo<br />

aver precisato che il periodo annuale di ferie retribuite<br />

non può essere inferiore a 4 settimane,<br />

dispone che almeno 2 settimane devono essere<br />

godute nel corso dell’anno di maturazione e, a<br />

richiesta del lavoratore, in maniera consecutiva 6 ,<br />

mentre le restanti 2 settimane devono essere godute<br />

nei 18 mesi successivi all’anno di maturazione<br />

(in ogni caso vengono fatte salve le diverse<br />

disposizioni <strong>dei</strong> contratti collettivi). La norma precisa<br />

anche che le ferie non fruite non possono essere<br />

sostituite dalla relativa indennità sostitutiva,<br />

se non in occasione della cessazione del rapporto.<br />

Si tratta peraltro di una specificazione del disposto<br />

dell’art. 36 Cost.: la norma costituzionale,<br />

1 “Il potere discrezionale del datore di lavoro di fissare l’epoca delle ferie non è del tutto arbitrario e privo di vincoli ma deve<br />

tener conto anche degli interessi del prestatore di lavoro. Tra l’altro il datore di lavoro deve preventivamente comunicare al<br />

lavoratore il periodo stabilito per il godimento delle ferie (art. 2109, 3° comma, c.c.) e rispettare il principio per cui le ferie debbono<br />

essere godute entro l’anno di lavoro e non successivamente (ex art. 2109, 2° comma, c.c.). Pertanto una volta trascorso<br />

l’anno di competenza, il datore di lavoro non può più imporre al lavoratore di godere effettivamente delle ferie e tanto meno<br />

può stabilire il periodo nel quale goderle, ma è tenuto al risarcimento del danno, mediante corresponsione della cosiddetta<br />

indennità sostitutiva”: Cass. 24/10/00 n. 13980, in Lavoro e prev. oggi 2000, 2278. V. anche Cass. 19/7/2002, n. 10622, in Giur.<br />

italiana 2003, 670; Trib. Milano 21/1/2008, in Lav. nella giur. 2008, 739; Trib. Parma 10/3/2006, in D&L 2006, 507; Pret. Milano<br />

20/1/99, in D&L 1999, 359.<br />

2 Pret. Milano 12/6/81, in Lavoro 80 1981, 727.<br />

3 Cass. 13/6/84 n. 3525, in Giust. civ. 1984, I, 3033; Pret. Milano 16/11/96, in D&L 1997, 344; Trib. Milano 18/1/95, in Orientamenti<br />

1995, 401; Pret. Pisa 15/7/86, in Toscana lavoro giur. 1987, 173, con nota di DE LUCA.<br />

4 Trib. Milano 24/2/96, pres. ed est. Mannacio, in D&L 1996, 684.<br />

5 La giurisprudenza ha precisato che, qualora il contratto nazionale di lavoro attribuisca il potere di individuare il periodo feriale<br />

alla contrattazione collettiva, in mancanza di accordo il lavoratore non può stabilire unilateralmente il proprio periodo feriale;<br />

al contrario, la soluzione del problema derivante dal mancato accordo deve essere raggiunta utilizzando altri mezzi, come per<br />

esempio – è stato affermato – gli organismi di rappresentanza o il ricorso alle autorità preposte alla vigilanza. In questo senso,<br />

v. Cass. 24/11/83 n. 7055, in Mass. giur. lav. 1984, 42; Trib. Monza 13/6/89, in Orientamenti 1990, 81; Pret. Roma 2/5/84, ivi<br />

1985, 110.<br />

6 Il periodo di due settimane consecutive è stato considerato diritto insopprimibile del lavoratore, con il conseguente riconoscimento<br />

allo stesso, allorché l’anno di maturazione si stia esaurendo e in assenza di indicazioni da parte del datore di lavoro,<br />

del diritto di determinare unilateralmente il periodo di fruizione di tale periodo di ferie (Corte app. Firenze 3/4/2007, in Riv. it. dir.<br />

lav. 2008, 106, con nota di Albi, “Il patrimonio costituzionale europeo e il diritto alle ferie come diritto fondamentale”).

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