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Art.2 Art.31<br />

Nel caso di morte del giornalista l’editore sarà tenuto a versare immediatamente al<br />

coniuge, ai figli e, se vivevano a carico del giornalista, ai parenti entro il terzo grado<br />

ed agli affini entro il secondo grado, un’indennità pari a quelle che sarebbero spettate<br />

al giornalista in caso di licenziamento nel giorno della morte (trattamento di fine<br />

rapporto ed indennità di mancato preavviso).<br />

In mancanza delle persone indicate nel comma precedente l’indennità sarà attribuita<br />

secondo le norme della successione.<br />

Commento<br />

La disposizione sopra riportata costituisce una<br />

sostanziale ritrascrizione di una norma di legge;<br />

infatti, il diritto del coniuge, <strong>dei</strong> figli e, se conviventi<br />

a carico, <strong>dei</strong> parenti entro il terzo grado e<br />

degli affini alla percezione diretta delle indennità<br />

di fine rapporto è espressamente sancita dall’art.<br />

2122 del codice civile. La norma contrattuale precisa<br />

peraltro, in modo più chiaro di quanto non<br />

faccia la disposizione legale, che tale diritto riguarda<br />

anche l’indennità di mancato preavviso di<br />

cui all’art. 27 del contratto 1 .<br />

Per percezione diretta si intende che i soggetti indicati<br />

nel primo comma della norma sono titolari<br />

del diritto in prima persona, e non in qualità di eredi<br />

2 ; dal che consegue, ad esempio, che eventuali<br />

crediti vantati dal datore di lavoro nei confronti<br />

del lavoratore deceduto non possono essere opposti<br />

ai soggetti indicati nel primo comma 3 .<br />

Indennità in caso di morte<br />

186<br />

In mancanza <strong>dei</strong> soggetti di cui sopra, gli importi<br />

dovuti al lavoratore deceduto entrano a far parte<br />

del patrimonio dello stesso, e dunque devono<br />

essere ripartiti in base alle norme che regolano la<br />

successione. Quello che manca nella disposizione<br />

contrattuale è un’indicazione di come debbano<br />

essere ripartiti gli importi spettanti tra i soggetti indicati<br />

al comma 1; a tale riguardo, si deve quindi<br />

fare riferimento alla citata norma legale, che prevede<br />

quanto segue: “la ripartizione delle indennità,<br />

se non vi è accordo tra gli aventi diritto, deve farsi<br />

secondo il bisogno di ciascuno”. Come è facile<br />

comprendere, non si tratta di disposizione di facile<br />

applicazione; al di là, infatti, del condivisibile auspicio<br />

in favore di una soluzione concordata, resta<br />

da chiedersi come, in caso di disaccordo, si debba<br />

stabilire quale sia “il bisogno” di ciascuno. Neppure<br />

la giurisprudenza aiuta a risolvere tale problema,<br />

riscontrandosi sul punto solo pronunce alquanto<br />

datate e relative a questioni specifiche 4 .<br />

1 Con la sentenza n. 3052 del 18/4/88 la Cassazione ha precisato che tale indennità spetta anche nel caso di prestazione di<br />

lavoro giornalistico subordinato resa da un soggetto non iscritto all’albo professionale, e quindi nullo, ai sensi dell’art. 2126 c.c.<br />

2 “L’acquisto delle indennità di preavviso e di anzianità <strong>dei</strong> congiunti superstiti del lavoratore deceduto in costanza di rapporto<br />

di lavoro, indicati nel 1° e nel 2° comma dell’art. 2122, si verifica iure proprio, mentre nella fattispecie ipotizzata dal 3° comma,<br />

dello stesso articolo, cioè in mancanza <strong>dei</strong> congiunti anzidetti, l’acquisto avviene iure successionis” (Cass. 74/1560)<br />

3 “Le indennità di fine rapporto, in caso di morte del lavoratore, sono attribuite ai soggetti indicati dall’art. 2122 del Codice civile<br />

iure proprio, e non iure hereditatis. Di conseguenza, il datore di lavoro non può opporre in compensazione i crediti vantati nei<br />

confronti del lavoratore” (Pret. Lecce 26/6/78, in Giur. Merito 1979, I, 564). In senso contrario si segnala la pronuncia Pret. Milano<br />

19/5/95, in Lav. giur. 1995, 840, secondo cui “nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro per morte del lavoratore, l’esistenza di<br />

crediti liquidi ed esigibili del datore di lavoro nei confronti del prestatore per importi superiori all’ammontare delle indennità di cui<br />

all’art. 2122, spettanti a moglie e figli, impedisce la maturazione in capo a questi ultimi del diritto a tali indennità”.<br />

4 Così, ad esempio, con la pronuncia della Cassazione n. 200 del 1950 è stato precisato che nel valutare i bisogni di ciascuno<br />

si deve tenere conto anche di eventuali disposizioni testamentarie che risultino particolarmente favorevoli ad uno <strong>dei</strong> potenziali<br />

beneficiari. In altra pronuncia, si è invece precisato che il bisogno deve essere accertato “con esclusivo riferimento allo stato<br />

di fatto attuale degli aventi diritto, senza attribuire alcuna rilevanza all’interpretazione di una presunta volontà del lavoratore<br />

deducibile dal carico sopportato da questi, in vita, per sopperire in tutto o in parte al bisogno <strong>dei</strong> vari congiunti” (Cass. 29/4/75<br />

n. 1671, in Orientamenti 1976, 244).

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