Scarica (PDF) - Ordine dei Giornalisti
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Art.8<br />
tali divieti. In primo luogo, e fatto salvo quanto si<br />
dirà dopo, potrebbe aver perso ogni attualità il dibattito<br />
in ordine alla legittimità del licenziamento<br />
inflitto al giornalista che avesse violato il divieto<br />
sancito dalla norma in esame: infatti, a seguito<br />
del codice disciplinare introdotto nell’ultimo rinnovo<br />
contrattuale, la violazione dell’art. 8 CNLG<br />
costituisce espressamente un’ipotesi di legittima<br />
risoluzione del rapporto. Il codice disciplinare non<br />
specifica se si tratti di licenziamento per giusta<br />
causa, dunque senza diritto all’indennità sostitutiva<br />
del preavviso, o per giustificato motivo, quindi<br />
con diritto alla citata indennità. Nel silenzio delle<br />
parti, e in forza del principio della corrispondenza<br />
tra sanzione e infrazione, si deve ritenere che<br />
l’editore possa punire il giornalista con l’ipotesi<br />
più lieve del licenziamento per giustificato motivo,<br />
a meno che il comportamento del giornalista<br />
sia anche in violazione dell’art. 2105 c.c. e di gravità<br />
tale da configurare un’ipotesi di giusta causa<br />
di risoluzione del rapporto (in quest’ultimo caso,<br />
infatti, si tratterebbe della violazione di un obbligo<br />
posto direttamente dalla legge e, come tale, non<br />
richiederebbe – per essere sanzionata – una specifica<br />
previsione contrattuale).<br />
In ogni caso, la responsabilità del giornalista che<br />
contravvenisse al divieto sancito dall’art. 8 CNLG<br />
si configurerebbe solo sul piano sanzionatorio ed,<br />
eventualmente e previa prova rigorosa da parte<br />
dell’editore, sul piano del risarcimento del danno<br />
subito da quest’ultimo; tuttavia, la stessa violazione<br />
non può avere alcuna ripercussione sul<br />
rapporto di lavoro posto in essere in violazione al<br />
detto divieto, che è validamente venuto in essere<br />
e validamente può proseguire.<br />
Alcuni dubbi di legittimità<br />
L’art. 8 CNLG lascia aperte parecchie perplessità<br />
in ordine a diversi profili di illegittimità. In primo<br />
luogo, bisogna seriamente dubitare che legit-<br />
1 Cass. 26/10/01 n. 13329, in Lav. Giur. 2002, 3, 281; Cass. 1/12/81 n. 6381, in Riv. it. dir. lav. 1982, II, 322; Pret. Milano<br />
4/4/84, in Lavoro 80 1984, 883; Pret. Milano 29/6/82, ivi 1982, 1053.<br />
2 Pret. Viareggio 1/9/86, in Riv. giur. lav. 1986, II, 267.<br />
3 Cass. 15/6/87 n. 5257, in Dir. e prat. lav. 1987, 3158.<br />
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timamente sia inibito al giornalista la possibilità<br />
di assumere una pluralità di incarichi ex art. 1:<br />
fatto salvo l’obbligo di fedeltà sancito dall’art.<br />
2105 c.c. (e quindi il divieto di trattare affari in<br />
concorrenza con il datore di lavoro, di divulgare<br />
notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di<br />
produzione dell’impresa o di farne comunque un<br />
uso pregiudizievole per la stessa), si deve ritenere<br />
che il giornalista, ovviamente nel suo tempo<br />
libero, abbia facoltà di svolgere qualsiasi altra attività,<br />
quindi anche giornalistica e anche ai sensi<br />
dell’art. 1. Il limite, se mai, è quello dello svolgimento<br />
di un’attività in concorrenza con quella del<br />
proprio editore, tant’è vero che la giurisprudenza<br />
ha ritenuto che il lavoro alle dipendenze di un<br />
imprenditore concorrente costituisca violazione<br />
al principio sancito dall’art. 2105 c.c. ma solo<br />
nel caso in cui il lavoratore svolga prestazioni<br />
di natura intellettuale, caratterizzate da notevole<br />
autonomia e discrezionalità 1 ; ma là dove non<br />
si configurassero problemi di questo tipo, non si<br />
potrebbe legittimamente inibire al giornalista lo<br />
svolgimento di un’altra attività lavorativa. Sulla<br />
scorta di questa argomentazione, sembra preferibile<br />
la giurisprudenza che ha ritenuto la nullità<br />
della clausola contrattuale, che inibiva al lavoratore<br />
lo svolgimento, durante il rapporto di lavoro,<br />
di qualsiasi altra attività lavorativa, ivi comprese<br />
quelle non in concorrenza con il datore di lavoro<br />
2 , piuttosto che il contrario orientamento che ha<br />
concluso nel senso della legittimità di simili clausole<br />
contrattuali 3 .<br />
Altri dubbi riguardano l’automatica previsione,<br />
da parte del codice disciplinare, del licenziamento<br />
quale sanzione da infliggere al lavoratore che<br />
abbia violato l’art. 8. A prescindere dai profili di<br />
legittimità della norma, è evidente che non è possibile<br />
sanzionare con la medesima sanzione, per<br />
di più quella più grave e traumatica, un comportamento<br />
che, pur genericamente rientrante nel