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ogni ipotesi di licenziamento (quindi a prescindere<br />

dal fatto che il recesso sia fondato su questioni<br />

tecnico – professionali o sia stato originato<br />

da motivi disciplinari) e, comunque, il direttore,<br />

nell’esercizio del suo potere propositivo, non può<br />

essere sostituito dall’editore (per esempio in persona<br />

del direttore amministrativo o del direttore<br />

generale) 22 .<br />

Il licenziamento collettivo<br />

Alle regole sopra descritte si sottrae il licenziamento<br />

collettivo, disciplinato dalla L. 223/91, applicabile<br />

anche ai giornalisti dipendenti di imprese<br />

editoriali 23 . La legge da ultimo citata prevede<br />

due ipotesi di licenziamento collettivo, o messa<br />

in mobilità.<br />

La prima, contemplata dall’art. 4, si verifica quando<br />

l’imprenditore, dopo essere stato ammesso al trattamento<br />

di integrazione salariale straordinaria, nel<br />

corso della stessa ritenga di non poter garantire il<br />

reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter<br />

ricorrere a misure alternative al licenziamento.<br />

Il secondo caso, disciplinato dall’art. 24, riguarda<br />

le imprese che occupino più di quindici dipendenti<br />

e che, in conseguenza di una riduzione o<br />

trasformazione di attività o di lavoro, intendano<br />

167<br />

risoluzione del rapporto<br />

effettuare almeno cinque licenziamenti nell’arco<br />

di centoventi giorni. In questi due casi, il datore<br />

di lavoro è tenuto a svolgere una preventiva<br />

procedura di informazione e consultazione con le<br />

organizzazioni sindacali 24 : solo all’esito di questa<br />

procedura, che si può concludere con o senza il<br />

raggiungimento di un accordo, è possibile intimare<br />

i licenziamenti 25 .<br />

Il giornalista potrebbe dunque essere coinvolto<br />

anche in un licenziamento collettivo, con conseguente<br />

applicabilità della procedura di informazione<br />

e consultazione sindacale disciplinata<br />

dalla L. 223/91. Un’ipotesi di questo genere si<br />

potrebbe verificare, per esempio, quando l’editore<br />

intendesse ridurre il proprio organico redazionale.<br />

Analogamente dovrebbe dirsi se l’editore,<br />

che pubblica una pluralità di testate, decidesse<br />

di chiuderne una. A tale riguardo, conviene<br />

precisare che la giurisprudenza esclude che, a<br />

seguito dell’entrata in vigore della L. 223/91, il<br />

licenziamento collettivo abbia una definizione<br />

autonoma rispetto al licenziamento individuale;<br />

al contrario, lo stesso licenziamento potrebbe<br />

essere definito collettivo o individuale a seconda<br />

che ricorrano, oppure no, i requisiti numerici e<br />

temporali indicati dall’art. 24 della legge citata e<br />

22 Cass. 9/3/2006 n. 5125, in Riv. it. dir. lav. 2007, 117, con nota di Caro, “Il potere del direttore di testata di proporre il licenziamento<br />

del giornalista, nel sottile discrimine tra tutela dell’autonomia professionale e privilegio corporativo”.<br />

23 Pret. Trieste 8/8/98, in D&L 1998, 937.<br />

24 L’art. 4 L. 223/91 dispone che l’imprenditore, che intenda procedere ad un licenziamento collettivo, deve preventivamente<br />

darne informazione alla rappresentanza aziendale <strong>dei</strong> lavoratori (dunque, nel caso <strong>dei</strong> giornalisti, al CdR) e alle rispettive associazioni<br />

di categoria. In mancanza del CdR, l’informazione è comunque dovuta alle associazioni di categoria aderenti alle<br />

confederazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale. La comunicazione dovuta deve in particolare<br />

indicare i motivi che hanno determinato la situazione di eccedenza; i motivi tecnici, organizzativi o produttivi per i quali si<br />

ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio a detta situazione ed evitare, in tutto o in parte, il licenziamento; il<br />

numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale eccedente e del personale abitualmente impiegato; i<br />

tempi di attuazione del programmato licenziamento; le eventuali misure individuate per fronteggiare le conseguenze sociali del<br />

licenziamento. Entro sette giorni dalla data di ricevimento della comunicazione, il CdR o l’associazione sindacale di categoria<br />

possono chiedere un esame congiunto tra le parti, per esaminare le cause dell’eccedenza occupazionale e le possibilità di<br />

una diversa occupazione del personale eccedente. Questa procedura deve comunque esaurirsi nel termine di quarantacinque<br />

giorni dalla data di ricevimento della comunicazione da parte dell’imprenditore: se, entro questa data, nessun accordo è stato<br />

raggiunto dalle parti, queste sono convocate dalla Direzione Provinciale del Lavoro per un ulteriore esame della questione, che<br />

deve comunque esaurirsi nel termine di trenta giorni dal ricevimento, da parte della stessa Direzione Provinciale del Lavoro,<br />

della comunicazione che nessun accordo era stato raggiunto dalle parti. Il datore di lavoro ha dunque la facoltà di procedere<br />

concretamente ai licenziamenti solo dopo il raggiungimento di un accordo, ovvero dopo che siano scaduti i termini per la<br />

procedura prima indicati (che devono essere ridotti della metà nel caso in cui i lavoratori interessati al licenziamento siano<br />

meno di dieci).<br />

25 La violazione della procedura comporterebbe l’illegittimità <strong>dei</strong> licenziamenti: tra le tante, v. Cass. sez. un. 11 maggio 2000<br />

n. 302, in D&L 2000, 691.

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