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tamento di un direttore che, avendo rilevato una<br />

commistione tra informazione e pubblicità, non<br />

aveva quanto meno manifestato il suo formale<br />

dissenso nei confronti dell’ufficio marketing 6 . Al<br />

riguardo si rammenta che, ai sensi della legge<br />

sulla stampa (L. 8/2/48 n. 47), il direttore è responsabile<br />

dell’intero contenuto del giornale da<br />

lui diretto, ivi compresi i messaggi pubblicitari.<br />

Analogamente è stata confermata la decisione<br />

del Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia che<br />

aveva sanzionato con l’avvertimento il direttore di<br />

un periodico e la giornalista autrice di un servizio<br />

in cui il messaggio pubblicitario risultava dissimulato<br />

nell’ambito di una rubrica dedicata alla<br />

salute 7 .<br />

Sempre nella logica di evitare indebite commistioni<br />

tra pubblicità ed informazione, tutelando<br />

il rapporto di fiducia e credibilità che deve intercorrere<br />

tra il giornalista ed il pubblico <strong>dei</strong> lettori<br />

o telespettatori, l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> tende a<br />

censurare l’attività di promozione pubblicitaria da<br />

parte <strong>dei</strong> giornalisti (si segnala, in materia, la delibera<br />

del Consiglio Nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong><br />

in data 24/7/00, pubblicata per esteso sul<br />

237<br />

RappoRto tRa infoRmazione epubblicità<br />

sito www.odg.mi.it, in cui sono riassunte anche<br />

le motivazioni di segno contrario a tale divieto<br />

addotte nella fattispecie dal Procuratore Generale<br />

presso la Corte d’Appello). L’Autorità Garante<br />

della concorrenza e del mercato ha altresì ritenuto<br />

sussistere gli estremi della pubblicità ingannevole<br />

nel caso della messa in onda, nell’intervallo<br />

di un telegiornale, di uno spot pubblicitario<br />

avente come protagonista una giornalista, abituale<br />

conduttrice del telegiornale stesso; proprio<br />

il fatto che una giornalista si facesse portatrice<br />

del messaggio pubblicitario è stato indicato tra le<br />

circostanze di rilievo nel determinare la censura<br />

del messaggio stesso, potendo far pensare che<br />

la giornalista fosse stata coinvolta nella diffusione<br />

di una notizia, in qualche modo conferendole<br />

veridicità (Provvedimento 4048 PI 816).<br />

Da ultimo, si segnala che anche la Carta <strong>dei</strong><br />

doveri del giornalista, documento sottoscritto<br />

l’8/7/93 dall’<strong>Ordine</strong> Nazionale e dalla FNSI, affronta<br />

la problematica in esame, ribadendo che<br />

il pubblico deve essere posto in condizione di<br />

distinguere il lavoro del giornalista dal messaggio<br />

promozionale.<br />

6 Corte Appello Milano n. 1827/2003, nella causa tra M.D. c. Consiglio Nazionale e Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> della<br />

Lombardia<br />

7 “il rispetto del principio della necessaria separazione tra informazione e pubblicità è stato più volte sollecitato… sia per evitare<br />

che un giornale si trasformi in un catalogo commerciale, sia per tutelare il cittadino che ha diritto ad una corretta informazione<br />

che gli consenta di riconoscere quali notizie servizi ed altre attività redazionali appartengono alla responsabilità della redazione<br />

o del singolo giornalista e quali invece siano diretta espressione di altri enti o aziende (…) la comunicazione pubblicitaria<br />

persuasiva o suggestiva è caratterizzata dall’assenza di quella neutralità che rappresenta invece il primo requisito richiesto<br />

all’informazione obiettiva: il messaggio pubblicitario sviluppa una sorta di difesa naturale da parte del lettore che invece non<br />

è preparato a contrapporre la propria capacità critica ai segnali ricevuti da una fonte riconosciuta come neutrale quale deve<br />

essere l’articolo giornalistico” (Trib. Milano Sez. V civ. 23/2/00; altre decisioni adottate in sede disciplinare sono richiamate da<br />

ABRUZZO, Codice dell’Informazione, Roma 1999, pp. 496 – 500)..

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