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attere pubblicitario (come del resto esplicitamente<br />

previsto dall’art. 44).<br />

***<br />

Ulteriore novità di rilievo della disposizione contrattuale<br />

in esame è senza dubbio quella relativa<br />

alle cosiddette “unità organizzative redazionali”.<br />

Di fatto, il contratto prende atto di una realtà già<br />

diffusa nell’ambito di diverse case editrici, ovvero<br />

della presenza di strutture che costituiscono<br />

una sorta di “service” interno alla casa editrice,<br />

con il compito di predisporre materiale informativo<br />

destinato a più testate. Anche in questo caso<br />

i contraenti collettivi hanno cercato di porre <strong>dei</strong><br />

limiti, e delle garanzie, a questo utilizzo.<br />

Innanzitutto, prevedendo che queste “unità organizzative”<br />

siano equiparate a testate, la norma<br />

sembra imporre che le stesse siano dotate di<br />

un direttore responsabile, con tutte le garanzie<br />

che ciò comporta, come illustrato nel commento<br />

all’art. 6; in secondo luogo, le stesse potranno<br />

dotarsi di un comitato di redazione (o di un fiduciario<br />

sindacale), così da garantire il rispetto <strong>dei</strong><br />

diritti sindacali.<br />

In ogni caso, è necessario che dette strutture<br />

siano specificamente preposte alla realizzazione<br />

di prodotti editoriali, non potendo certo costituire<br />

meri “parcheggi” per giornalisti non adibiti ad<br />

una specifica testata; in tal senso, in passato la<br />

giurisprudenza aveva avuto modo di censurare<br />

l’assegnazione di giornalisti a strutture non qua-<br />

53<br />

Assunzione - periodo di provA - situAzione occupAzionAle<br />

lificabili alla stregua di redazioni e testate, proprio<br />

perché estranee alla previsione dell’art. 4 2 .<br />

L’assunzione in prova<br />

La norma in esame regola inoltre il periodo di<br />

prova, in questo caso senza apportare innovazioni<br />

di rilevo; si tratta di un periodo nel corso del<br />

quale il rapporto può essere risolto da entrambe<br />

le parti, senza motivazioni particolari e senza<br />

obbligo di preavviso. Peraltro, la giurisprudenza<br />

ha avuto modo di precisare che anche il licenziamento<br />

disposto in periodo di prova può essere<br />

contestato, ma solo a condizioni particolarmente<br />

rigorose; spetta, infatti, al lavoratore che<br />

intende impugnare il licenziamento intimatogli<br />

dimostrare, da un lato, il positivo superamento<br />

della prova (ovvero il regolare svolgimento della<br />

stessa senza che siano intervenute contestazioni<br />

al suo operato) e, dall’altro, l’illegittimità del<br />

motivo che ha determinato il recesso, illegittimità<br />

che può consistere anche nell’aver deciso<br />

di interrompere il rapporto di lavoro per motivi<br />

estranei alla prova 3 .<br />

Illegittimo viene altresì considerato il licenziamento<br />

disposto senza che neppure sia stato<br />

consentito al lavoratore di svolgere le mansioni<br />

per le quali era stato assunto 4 .<br />

Il periodo massimo di prova è fissato dal contratto<br />

in tre mesi 5 ; l’eventuale accordo per un periodo<br />

più lungo è da ritenersi nullo, ai sensi dell’art.<br />

2 V. Trib. Milano 29/4/2005 nella causa Cuneo c. RCS Periodici Spa, inedita a quanto consta<br />

3 “E’ illegittimo il licenziamento disposto in periodo di prova per motivi estranei all’esperimento posto ad oggetto del patto<br />

in questione e adottato a seguito di uso distorto di tale istituto tale da comportare una violazione delle finalità tipiche dello<br />

stesso (nella fattispecie è stato dichiarato illegittimo il licenziamento in quanto adottato per non meglio precisati motivi tecnici<br />

nonostante l’accertato espletamento positivo della prova)” (Trib. Milano 29/6/00, in D&L 2000, 957. In senso conforme, v. Cass.<br />

21/4/93 n. 4669, in Mass. giur. lav. 1993, 329; Cass. 9/11/96 n. 9797, in Foro it. Rep. 1996, voce Lavoro (rapporto) n. 1527).<br />

4 “Il licenziamento per mancato superamento della prova è illegittimo quando il lavoratore non sia stato posto in grado di sostenere<br />

la prova o per mancata attribuzione delle mansioni che ne costituiscono l’oggetto o anche solo quando, di tali mansioni,<br />

egli abbia potuto svolgere la parte meno qualificante” (Trib. Milano 17/11/2004, in D&L 2005, con nota di Bacciola, “Il patto<br />

di prova nell’evoluzione giurisprudenziale”, 149; conf. Trib. Milano 1/2/2008, Est. Porcelli, in D&L 2008, con nota di Pini, “La<br />

brevità del periodo di prova”, 540).<br />

5 “… il termine di tre mesi entro cui, in caso di patto di prova, il datore di lavoro poteva recedere dal rapporto, deve essere<br />

calcolato con riferimento al calendario comune, senza che sia possibile la scomponibilità <strong>dei</strong> mesi in una sommatoria di giorni,<br />

escludendo dal computo i giorni in cui, per cause fisiologiche ( festività ,ferie, etc.) o patologiche (malattia, infortuni etc.) il dipendente<br />

non abbia concretamente prestato la sua opera” (Cass. 12/9/91 n. 9356, in Dir. Prat. Lav. 1991, 3042; Cass. 24/10/96<br />

n. 9304, in Lav. giur. 1997, 424). Nel calcolo del periodo “..non si computa il giorno nel quale cade il momento iniziale del<br />

termine (dies a quo), la cui scadenza si verifica invece con lo spirare dell’ultimo giorno finale (dies ad quem)” (Cass. 13/3/92 n.<br />

3098, in Dir. Prat. Lav. 1992, 1453).

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