UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO - fasopo
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feudali esercitano il diritto concesso dall’Imperatore non sulle terre, ma solo sui contadini<br />
che vivono e lavorano su di essa, mantenendone la proprietà secondo il sistema del rist;<br />
nelle province del Sud, conquistate in un secondo momento, si instaura invece un sistema<br />
di “landlordship”, in cui ai signori feudali che provengono dal centro abissino dell’Impero<br />
viene concesso un diritto sulle terre e la facoltà di tassare la produzione agricola.<br />
L’originalità dello stato etiopico rispetto al contesto africano non impedisce<br />
comunque all’élite che guida l’impresa della sua costruzione, di ricorrere alle pratiche<br />
dell’extraversione, innanzitutto militare. Al contrario, il progetto di costruzione dello stato<br />
imperiale si incentra sul ricorso all’ extraversione, a cominciare dai fondamenti stessi della<br />
sua legittimità, che vengono incardinati nella dinastia salomonica di cui sarebbe erede la<br />
stirpe imperiale etiopica, come esplicitamente affermato nella Costituzione del 1955 403 . Le<br />
pratiche di extraversione sono inoltre favorite dal riconoscimento dell’indipendenza del<br />
paese, che garantisce l’inserzione nel sistema globale attraverso canali ufficiali e<br />
privilegiati, che non sono invece a disposizione di altre élites africane. Così ad esempio,<br />
sfruttando abilmente le rivalità tra potenze occidentali nello scramble for Africa e l’accesso<br />
legittimo al commercio delle armi, alla fine del XIX secolo Menelik raddoppia la superficie<br />
del suo territorio, che assume grosso modo i confini attuali 404 . Secondo la corrente<br />
storiografica che interpreta il processo di formazione dello stato etiopico in termini<br />
coloniali 405 , si inaugurerebbe così una pratica in cui l’Etiopia gioca il ruolo di “junior<br />
partner” dipendente da potenze straniere “imperiali”, rinnovata dai regimi successivi<br />
attraverso il ricorso all’uso estensivo di tecnologia, il ruolo strategico dei consulenti<br />
stranieri in seno all’amministrazione pubblica e una sistematica politica di “showcasing”<br />
per ingraziarsi l’alleato straniero 406 . Al tempo stesso, l’esistenza di una tradizione statuale<br />
stimola l’extraversione politica e culturale, attraverso l’“emulazione” – come viene definita<br />
da Cristopher Clapham - di repertori politici e modelli di sviluppo di altri paesi: la Russia<br />
imperiale, il Giappone dell’epoca Meiji, la monarchia britannica, l’Unione Sovietica e oggi<br />
il developmental state asiatico 407 .<br />
403<br />
B. H. Selassie, “Empire and Constitutional Engineering: the PDRE in historical perspective”, in M.<br />
Ottaway, The political Economy of Ethiopia, NY, Preagers Publishers,1990, p.121.<br />
404<br />
B. Zewde, A History of Modern Ethiopia, 1855-1974, Londra, James Curry, 2001.<br />
405<br />
Cfr M. Gudina, “Contradictory Interpretations of Ethiopian History: the Need for a New Consensus”,<br />
op.cit.<br />
406<br />
Cfr B. Holcomb e S. Ibssa, The Invention of Ethiopia. Trenton (NJ), The Red Sea Press, 1990.<br />
407<br />
Cfr. C. Clapham, “Ethiopian Development. The Politics of Emulation”, in Commonwealth & Comparative<br />
Politics, 44 (1), 137–150, Marzo 2006..<br />
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