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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO - fasopo

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“Una monarchia feudale e un dittatore repressivo non riuscirono a tenere insieme<br />

l’Etiopia. Ora noi ci proviamo in un altro modo. Se l’Etiopia perderà i pezzi, allora, vuol<br />

dire che non era destino” 277 .<br />

Al tempo stesso il federalismo etnico non può essere liquidato come una<br />

semplice e meccanica continuazione del disegno centralizzatore portato avanti dai<br />

differenti regimi che si sono susseguiti alla guida del paese. Se gli obiettivi del potere<br />

centrale restano simili e sembrano ispirarsi al classico principio del divide et<br />

impera 278 , la storicità dell’esperienza rivoluzionaria e la sua istituzionalizzazione<br />

all’epoca della globalizzazione neoliberale contribuiscono a modificarne<br />

profondamente l’economia politica e morale.<br />

L’architettura federale crea inoltre nuovi spazi e suggerisce nuove pratiche<br />

all’azione politica, in particolare nei suoi interstizi a livello locale; la sua declinazione<br />

in chiave etnica, lungi dal risvegliare identità ancestrali o a ridursi in una<br />

strumentalizzazione artificiale, contribuisce a ridefinire dialetticamente identità ed<br />

interessi degli attori. “Senza dubbio, l’Etiopia è permanentemente cambiata” 279<br />

conclude Alemseged Abbay nel valutare gli effetti del federalismo sul processo di<br />

formazione dello stato etiopico. La citazione suona quasi lapalissiana, ma rappresenta<br />

un utile ammonimento non tanto nei confronti dei nostalgici dell’ancien regime,<br />

quanto piuttosto per chi continua a leggere nell’Etiopia contemporanea l’influenza<br />

della sua “cultura politica”. Resta da capire se tutto è stato cambiato affinché restasse<br />

come era prima, secondo la tradizione dei “rivoluzionari conservatori” 280 .<br />

3. La cultura del Fronte<br />

“Il federalismo etnico è un prodotto della lotta armata: noi volevamo per i tigrini il<br />

diritto all’autodeterminazione e quindi abbiamo dovuto estenderlo anche alle altre<br />

popolazioni. Per alcuni critici si tratta invece di un’eredità del marxismo-leninismo. Ma<br />

in realtà l’ideologia del marxismo-leninismo era già stata abbandonata. Ma anche se<br />

l’abbiamo abbandonata, ha continuato a rimanere nelle nostre menti, ad influenzare la<br />

nostra organizzazione” 281 .<br />

277 Intervista alla rivista Time, 4 novembre 1991, p. 47 riportata da A. Abbay “Diversity and statebuilding<br />

in Ethiopia” in African Affairs, 103(413), October 2004 , pp. 593-614(22)<br />

278 Cfr J. Abbink, “Ethnicity and constitutionalism in contemporary Ethiopia”, in Journal of African<br />

Law, 41: p. 159-174, 1997<br />

279 A. Abbay “Diversity and state-building in Ethiopia” op.cit., p. 614.<br />

280 J-F. Bayart, Le concept de situation thermidorienne: régimes néo-révolutionnaires et libéralisation<br />

économique, op. cit.<br />

281 Intervista a Bitew Belai, ex direttore del Ufficio per gli affair regionali del Gabinetto del Primo<br />

Ministro, fuoriuscito dal partito nel 2001, Addis Abeba, 10 giugno 2008<br />

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