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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO - fasopo

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merito alla reale adesione e sostegno da parte delle élites locali e della popolazione, che si<br />

traduce nella volontà di inquadrarla in modo ancora più deciso.<br />

I sintomi di questa “crisi egemonica” si sono manifestati nella loro molteplicità e<br />

cruenza in occasione delle elezioni del 2005, con il successo inatteso dell’opposizione e la<br />

bocciatura dell’EPRDF e di diversi suoi esponenti di spicco nei rispettivi collegi elettorali.<br />

La reazione a quello che nel congresso dell’EPRDF viene definito il “brusco risveglio”<br />

conferma come le situazioni termidoriane siano innanzitutto dei “periodi oscuri della storia,<br />

in cui il velo dell’ideologia nasconde il senso profondo degli eventi agli occhi degli attori<br />

del dramma” 736 . L’EPRDF oscilla infatti tra l’adozione di una modalità di governo<br />

imperiale, fondato sulla cooptazione delle élites locali, l’indirect rule e il “dispotismo<br />

decentralizzato”, ed il mancato riconoscimento dell’essenza di questa arte di governo, che<br />

consiste nel “pretendere i segni esteriori del rispetto e lasciare che i sudditi vivano secondo<br />

le loro leggi e sotto i loro capi tradizionali” 737 . Al contrario, accecata dal velo ideologico ed<br />

interpretando la good governance in chiave rivoluzionaria, la classe dirigente dell’EPRDF<br />

pretende ancora di forgiare “l’uomo nuovo” su cui impostare la trasformazione e lo<br />

sviluppo del paese. Tuttavia, i limiti di legittimità e capacità dello stato federale, di fronte<br />

all’enormità ed alla complessità della sfida, la costringono di fatto ad una gestione del<br />

potere sempre più autoritaria, che racchiude in sé i germi del fallimento del progetto di<br />

trasformazione stesso. Così l’elite termidoriana, figlia di una rivoluzione popolare, sceglie<br />

di convivere con i limiti e le contraddizioni della rivoluzione passiva con cui ha cercato di<br />

consolidarla, invece di completarne il percorso con una più laboriosa ed incognita<br />

rivoluzione liberale 738 .<br />

5. “Bringing it all back home”<br />

Il vocabolario preso a prestito dalle analisi di Gramsci e Gobetti sulla formazione<br />

dello stato italiano offre infine lo spunto per un bilancio del percorso di questa ricerca, che<br />

si conclude con un ritorno a casa dalle indagini sul terreno non solo fisico, ma anche<br />

teorico. Arricchito dalla consapevolezza che un’analisi in chiave comparata delle società<br />

politiche africane permette di interrogarsi con spirito più critico e sguardo più fresco anche<br />

sulla realtà dei paesi occidentali. Non certo attraverso l’applicazione grossolana ai nostri<br />

736 F. Furet, Critica della rivoluzione francese, op. cit., p. 78.<br />

737 P. Veyne, L’impero greco-romano. Le radici del mondo globale, Milano, Rizzoli, 2007.<br />

738 P. Gobetti, La rivoluzione liberale. Saggio sulla lotta politica in Italia, Torino, Einaudi, 1964.<br />

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