UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO - fasopo
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costruzione della democrazia nel mondo - di descrivere la transizione etiopica<br />
ricorrendo all’immagine della success story. E’ questa la tesi che lo storico Paul<br />
Henze – dal 1977 consigliere per l’Etiopia di Zbignew Brzezinski, National Security<br />
Advisor durante la presidenza Carter – presenta sulle pagine del “Journal of<br />
Democracy” 13 . Henze descrive il regime guidato dall’EPRDF come democratico non<br />
solo da un punto di vista della struttura formale, ma anche per quanto riguarda lo<br />
spirito dei suoi dirigenti e la pratica di governo, anche sulla base della critica<br />
all’imposizione del modello e dei valori occidentali alle società africane, “le cui<br />
priorità in materia di riforme democratiche sarebbero maggiormente interessate al<br />
soddisfacimento dei bisogni materiali e dei diritti economici e sociali”. Henze<br />
esprime un giudizio positivo in merito alla trasformazione ed al decentramento delle<br />
strutture amministrative, alla liberalizzazione dell’economia, della stampa e del<br />
dibattito politico. Riportando le osservazioni di una serie di visite sul terreno,<br />
conclude che “al momento, il nuovo sistema funziona” e rivolge aspre critiche<br />
all’opposizione – allineandosi alle tesi ufficiali dell’EPRDF – giudicandola “anti-<br />
democratica e priva di reale sostegno popolare” 14 . Nello stesso numero del “Journal<br />
of Democracy” in cui viene pubblicato il contributo di Henze, trovano spazio anche le<br />
aspre critiche suscitate dalle sue tesi. Richard Joseph stigmatizza il linguaggio e i<br />
termini utilizzati, paragonati alla “neolingua orwelliana” e l’interpretazione partigiana<br />
dei fatti, attraverso una presentazione acritica dell’EPRDF come alfiere della<br />
democrazia e la sbrigativa liquidazione dei suoi critici ed oppositori considerati “male<br />
informati o in mala fede” 15 . Analogamente, John Harbeson rimprovera ad Henze di<br />
aver tralasciato di guardare oltre la facciata democratica e federale proposta<br />
dall’EPRDF, dietro cui si cela un “regime burocratico e autoritario fondato sulla<br />
superiorità militare dell’EPRDF” 16 .<br />
Un apprezzamento più sfumato, e quindi una legittimazione internazionale più<br />
credibile e robusta, viene offerta l’anno successivo da Marina Ottaway, che, nel<br />
tentativo di applicare il dibattito scientifico all’individuazione di possibili priorità<br />
13<br />
P. Henze, “Is Ethiopia Democratic? A political Success Story”, in Journal of Democracy, 9.4, 39,<br />
pp. 40-54, 1998<br />
14<br />
Critiche analoghe, anche se più bilanciate, ai partiti di opposizione all’EPRDF vengono mosse da S.<br />
Fullerton Joireman, in “Opposition Politics and Ethnicity in Ethiopia : We Will All Go Down<br />
Together” , in The Journal of Modern African Studies, 35 (3), pp. 387-407, 1997.<br />
15<br />
R. A. Joseph, “Is Ethiopia Democratic? Oldspeak vs. Newspeak”, in Journal of Democracy, 9.4, 39,<br />
pp. 55-61, 1998<br />
16<br />
J. W. Harberson, “Is Ethiopia Democratic? A Bureaucratic Authoritarian Regime”, in Journal of<br />
Democracy, 9(4), 39, pp. 62-68, 1998.<br />
13