Rivista Diritto penale 21 sec. n. 2-2006 - Cedam
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S E Z I O N E paolo pittaro<br />
PENALISTICA Il codice <strong>penale</strong> albanese: un’introduzione<br />
208<br />
travvenzione <strong>penale</strong> e quella del <strong>sec</strong>ondo, ritenuta più lesiva, un crimine ( 27 ).<br />
Peraltro, crimini e contravvenzioni penali non si distinguono per una disciplina<br />
diversa che ne risalti la diversa natura, come avviene, ad esempio nel codice<br />
<strong>penale</strong> italiano per quanto concerne il diverso atteggiarsi dell’elemento<br />
soggettivo, se non per i limiti temporali o quantitativi delle diverse sanzioni<br />
(artt 32 e 34) e per alcuni tratti meramente formali, come le diverse scansioni<br />
per la prescrizione dell’azione <strong>penale</strong> (art. 66). Si noti che, mentre la parte speciale<br />
prevede costantemente la pena detentiva e la pena pecuniaria e come tali<br />
esse vengono definite nell’art. 29, rubricato, per l’appunto, «Pene principali»,<br />
tuttavia, nel procedere alla loro descrizione, gli artt. 32 e 34 parlano, sia nel testo<br />
che nella rubrica, rispettivamente, di «reclusione» edi«multa»: termini<br />
che non verranno più ripresi, ad eccezione degli artt. 58, 64 e 65, ove viene richiamato<br />
lo scontarsi della «reclusione» ( 28 ). Ed ancora, l’art. 75, nel punire i<br />
«crimini di guerra», non usa l’espressione «pena detentiva» (ovvero: la «reclusione»),<br />
bensì quella di «privazione della libertà» (non inferiore a quindici anni):<br />
e ci si chiede se trattasi di una disattenzione linguistica del legislatore, o se<br />
effettivamente essa differisca per qualche verso dalla comune e costante formulazione.<br />
5. Nel Capo I della Parte generale troviamo i princìpi garantistici a noi familiari<br />
(e chiaramente tratti dalla nostra legislazione), quale il divieto di analogia<br />
( 29 ) (art. 1/c 2 ), il principio di stretta legalità (art. 2), la disciplina della<br />
successione della legge <strong>penale</strong> nel tempo, con la irretroattività della legge <strong>penale</strong><br />
incriminatrice, la retroattività di quella abrogatrice, e l’applicazione della<br />
disposizione più favorevole nell’ipotesi della loro diversità (art. 3) ( 30 ) e, infine,<br />
la disciplina dell’ignoranza della legge <strong>penale</strong>, che mai scusa, «salve le<br />
( 27 ) Si vedano, solo a titolo di esempio, gli artt. 234, 235, 246, 247, 261, 262, 276 e 282.<br />
( 28 ) In ordine alla possibilità di concedere la liberazione condizionale anticipata.<br />
( 29 )L’analogia era prevista, invece, nel codice del 1952 e, per quanto soppressa nei codici<br />
successivi, di fatto superata dalla concezione del diritto <strong>penale</strong> come strumento della lotta di<br />
classe e del partito comunista al potere.<br />
( 30 ) Solleva perplessità l’assestarsi dell’art. 3 in quattro commi (o paragrafi: ammettiamo di<br />
ignorarne la corretta definizione). I tre princìpi enunciati avrebbero dovuto, a nostro avviso,<br />
trovare collocazione nei tre distinti commi. Ora, avere previsto, dopo il comma 2, che sancisce<br />
la retroattività della legge «che non punisce il fatto», un comma 3, ove si enuncia che «se la persona<br />
è stata condannata, l’e<strong>sec</strong>uzione della condanna non può iniziare e, nell’ipotesi in cui abbia<br />
avuto inizio, deve cessare», tale disposizione avrebbe dovuto non costituire un comma autonomo,<br />
bensì, essendo direttamente conseguente all’ipotesi di cui al comma 2, in quest’ultimo essere<br />
inserita dopo il punto fermo.