Rivista Diritto penale 21 sec. n. 2-2006 - Cedam
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S E Z I O N E adelmo manna<br />
PENALISTICA L’imputabilità nel codice <strong>penale</strong> albanese del 1995<br />
234<br />
sto di dimenticare le pur importanti esigenze legate al rispetto del principio di<br />
colpevolezza.<br />
È comunque stimolante confrontarsi con queste nuove realtà normative,<br />
derivanti dal crollo dei regimi comunisti nei Paesi dell’Europa orientale, dalle<br />
quali potrebbe trarre utili suggerimenti anche il legislatore italiano, per l’ennesima<br />
volta ancora impegnato in un’opera di riforma integrale del codice <strong>penale</strong><br />
del 1930, su cui, come al solito, è tuttavia lecito non farsi soverchie illusioni<br />
( 39 ).<br />
ABSTRACT (*)<br />
La disciplina dell’imputabilità e delle misure sanitarie ed educative contenuta nel codice <strong>penale</strong><br />
albanese, presenta – <strong>sec</strong>ondo l’A. – luci ed ombre, nel senso che alterna aspetti di modernità,<br />
come, ad esempio, l’apertura ai disturbi della personalità el’abolizione del sistema del doppio<br />
binario, in cui emerge una particolare attenzione per i principi di colpevolezza e di rieducazione,<br />
ad altri in cui, invece, prevalgono decisamente esigenze di una ferrea difesa sociale, che<br />
traspare dalla disciplina in tema di ubriachezza e di azione degli stupefacenti.<br />
Ad avviso dell’A., la norma più importante in tema di imputabilità èquella di cui all’art. 17,<br />
dalla quale si evince che il codice <strong>penale</strong> albanese ha aderito al più moderno paradigma psicologico:<br />
avendo il legislatore stabilito che non è penalmente responsabile chi, al momento della<br />
commissione del fatto, era affetto da «disturbo psichico o neuropsichico», ne consegue che non<br />
è imputabile non solo chi è affetto da una malattia mentale di origine neurologica e, quindi, organica,<br />
ma anche chi è affetto da un disturbo di origine puramente psicologica.<br />
Tuttavia l’art. 17, in linea di decisa controtendenza rispetto alla tradizione penalistica ed alla<br />
formulazione della stragrande maggioranza dei codici penali, richiede che l’infermità di mente,<br />
per escludere la responsabilità <strong>penale</strong>, debba aver fatto perdere totalmente l’equilibrio mentale,<br />
in modo da non controllare le proprie azioni od omissioni e neppure comprendere che si stava<br />
commettendo un illecito <strong>penale</strong>.<br />
L’A. allora pone in luce che per il legislatore albanese è necessario, ai fini della non imputabilità,<br />
che il soggetto fosse privo al momento del fatto, sia della capacità di intendere, che della<br />
capacità di volere, ma ciò –conclude – oltre a rappresentare un’evidente antitesi rispetto all’orientamento<br />
generale, sembra anche porsi in contraddizione proprio con l’apertura ai disturbi<br />
psichici, in quanto quest’ultimi in genere incidono sulla capacità di volere e non anche sulla<br />
capacità di intendere.<br />
L’art. 17, al <strong>sec</strong>ondo comma, prevede inoltre il c.d. vizio parziale di mente, in relazione al<br />
quale prevalgono decisamente le esigenze di prevenzione generale, rispetto a quelle legate ai<br />
principi di colpevolezza e rieducazione.<br />
( 39 ) Per maggiori approfondimenti sul punto, sia consentito il rinvio a Manna, La crisi attuale<br />
della codificazione <strong>penale</strong> italiana, di prossima pubblicazione in Legisl. Pen.<br />
(*) Questo abstract è stato redatto da Simone Ferrari.