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Rivista Diritto penale 21 sec. n. 2-2006 - Cedam

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adelmo manna<br />

L’imputabilità nel codice <strong>penale</strong> albanese del 1995<br />

Il giudizio sull’imputabilità, anche in tema di infermità di mente, è, tuttavia,<br />

notoriamente, «a due piani» ( 9 ), nel senso che, oltre a quello «empirico»,<br />

che consiste nell’individuazione dell’infermità di mente, si deve aggiungere anche<br />

quello di tipo più propriamente «normativo», cioè il giudice deve, in particolare,<br />

verificare se l’infermità di mente abbia, in concreto ed al momento<br />

del fatto, escluso la capacità di intendere o di volere.<br />

Così, infatti, recita l’art. 88 del codice <strong>penale</strong> italiano, nonché, ad esempio,<br />

sia il già menzionato art. 122-1 del codice <strong>penale</strong> francese, che il § 20 del codice<br />

<strong>penale</strong> tedesco ( 10 ): vogliamo con ciò rilevare che corrisponde ad una precisa<br />

tradizione penalistica il fatto che ad escludere l’imputabilità sia sufficiente<br />

anche la mancanza di una soltanto delle due componenti dell’imputabilità medesima,<br />

ovverosia o la capacità di intendere, oppure quella di volere.<br />

Questa tradizione appare, peraltro, senza dubbio giustificabile, giacché in<br />

effetti risulterebbe illogico ritenere imputabile chi, ad esempio, pur rendendosi<br />

conto di ciò che stava compiendo, ciò nonostante non abbia potuto frenare i<br />

suoi impulsi, a causa di un’infermità di mente che, come in genere avviene<br />

proprio nelle nevrosi o nelle psicopatie, lascia appunto inalterata la capacità di<br />

intendere, mentre incide spesso profondamente sulla capacità di volere.<br />

Desta quindi, in un certo senso, sorpresa la dizione dell’art. 17 del codice<br />

<strong>penale</strong> albanese che, in linea di decisa controtendenza, rispetto alla tradizione<br />

penalistica ed alla formulazione della stragrande maggioranza dei codici penali,<br />

richiede che l’infermità di mente, per escludere la responsabilità <strong>penale</strong>,<br />

debba aver fatto perdere totalmente l’equilibrio mentale, in modo da non essere<br />

stato in grado di controllare le proprie azioni od omissioni e neppure di<br />

comprendere che si stava commettendo un illecito <strong>penale</strong>.<br />

Sembra, dunque, potersi arguire che per il legislatore albanese è necessario,<br />

ai fini della non imputabilità, che il soggetto fosse privo al momento del fatto,<br />

sia della capacità di intendere, che della capacità di volere, ma ciò, oltre a rappresentare<br />

una evidente antitesi rispetto all’orientamento generale, sembra an-<br />

( 9 ) Sul punto, in particolare, Pulitanò, L’imputabilità come problema giuridico, inAa.Vv.,<br />

Curare e punire - Problemi e innovazioni nei rapporti tra psichiatria e giustizia <strong>penale</strong>, Milano,<br />

1988, 127 ss.<br />

( 10 ) Che infatti recita: «Agisce senza colpevolezza chi, nel commettere il fatto, è incapace di<br />

valutarne l’illiceità o di comportarsi <strong>sec</strong>ondo tale valutazione a causa di un disturbo mentale patologico,<br />

di un profondo disturbo della coscienza o di deficienza mentale odiun’altra grave<br />

anomalia»: Vinciguerra (a cura di), Il codice <strong>penale</strong> tedesco, 2 a ed., Padova, 2003, 61; sulle più<br />

recenti novità sia legislative, che giurisprudenziali, nel diritto <strong>penale</strong> tedesco, cfr., Leblois Happe-Pin-Walther,<br />

Chronique de droit pénal allemand, inRev. Int. Dr. Pen., 2005, 503 ss., 512-<br />

513 e 514-517.<br />

S E Z I O N E<br />

PENALISTICA<br />

225

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