Rivista Diritto penale 21 sec. n. 2-2006 - Cedam
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paolo pittaro<br />
Il codice <strong>penale</strong> albanese: un’introduzione<br />
sue notevoli mende, esige, a nostro sommesso avviso, un attento monitoraggio<br />
nella sua applicazione sul campo: il che dovrebbe portare, quasi necessariamente,<br />
ed in tempi non lontani, ad una incisiva modifica atta a colmarne le lacune,<br />
ad eliminarne le contraddizioni e le aporie, a precisarne il linguaggio<br />
giuridico: magari rivedendo, e comunque sottoponendo a ponderata riflessione,<br />
alcune scelte di politica criminale che lo hanno ispirato.<br />
Insomma, un codice <strong>penale</strong> che possa essere pienamente vissuto ed applicato<br />
e non solamente di carta.<br />
ABSTRACT (*)<br />
Il codice <strong>penale</strong> albanese consta di 335 articoli, di cui i primi 72 dedicati alla parte generale<br />
ed i rimanenti alla parte speciale. Le disposizioni, invero, sono numericamente superiori, in<br />
quanto le integrazioni posteriori al 1995 hanno interpolato topograficamente i singoli articoli<br />
con la numerazione esistente, ma barrata con lettere. Le due parti sono suddivise in capi e questi<br />
in sezioni, a loro volta contenenti l’articolato. Ogni articolo presenta una sua rubrica; ma non<br />
sempre è così, esistendo anche alcuni articoli senza intestazione.<br />
Il lettore italiano può subito avvedersi che il testo è più discorsivo che tecnico-giuridico. Il<br />
codice albanese del 1995 ha indubbiamente il pregio, dopo mezzo <strong>sec</strong>olo di rigido autoritarismo,<br />
di avere delineato un diritto <strong>penale</strong> di matrice democratica, propria di uno Stato di diritto,<br />
ove il rispetto dei diritti dell’uomo siano posti in primo piano.<br />
A questa tensione ideale altamente apprezzabile, tuttavia, non corrisponde <strong>sec</strong>ondo l’A. un<br />
testo normativo sempre adeguato. La parte generale non si può certo definire completa: come<br />
dire che sono state poste le basi, le linee portanti della struttura, ma la cui costruzione non appare<br />
ancora ben rifinita, con istituti oramai consueti del diritto <strong>penale</strong> moderno e contemporaneo<br />
che non trovano disciplina alcuna e che il divieto dell’analogia in campo <strong>penale</strong> non consente<br />
di colmare.<br />
Il <strong>sec</strong>ondo è rappresentato da un articolato troppo spesso non rigoroso dal punto di vista<br />
formale, con iati e contraddizioni ovvero con proposizioni che forse non hanno reso compiutamente<br />
o non hanno reso affatto l’intenzione del legislatore, o – peggio – della cui portata e del<br />
cui significato nel complesso dell’impianto <strong>penale</strong> il legislatore stesso non s’è avveduto.<br />
Il terzo profilo è costituito da una discrezionalità giudiziale di notevolissima ampiezza.<br />
Di certo, il contesto politico-sociale dove il codice <strong>penale</strong> viene ad inserirsi ed operare era<br />
estremamente complesso e la necessità di una legislazione <strong>penale</strong> nuova e distinta dal passato, e<br />
rispettosa dei vincoli sovranazionali accettati per entrare nel consesso europeo, lo hanno spinto<br />
ad una normativa probabilmente affrettata e non particolarmente scrupolosa. D’altra parte,<br />
queste difficoltà concrete vanno tenute ben presente, come anche l’ingombrante sopravvivenza,<br />
specie se deviata, del Kanun, il vetusto Codice delle Montagne. Similmente, l’accento posto, nella<br />
parte speciale, sulla punizione di particolari reati, spesso con eccesso casistico, a volte ai limiti<br />
(*) Questo abstract è stato redatto da Simone Ferrari.<br />
S E Z I O N E<br />
PENALISTICA<br />
<strong>21</strong>9