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Rivista Diritto penale 21 sec. n. 2-2006 - Cedam

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gabriele fornasari<br />

Appunti sul sistema sanzionatorio albanese<br />

sia opportuno non «costringere» una tematica così delicata e dipendente dalle<br />

acquisizioni di altri rami del sapere nella camicia di Nesso di un inquadramento<br />

normativo, allo scopo di non rischiare di avere notevoli difficoltà di adeguamento<br />

di fronte ad innovazioni di natura extra<strong>penale</strong> comportanti mutamenti<br />

di paradigma.<br />

Riguardo infine al recesso attivo, anche in tal caso l’impressione è che la lacuna<br />

denunciata sia solo apparente.<br />

Infatti, è molto probabile che il legislatore albanese si sia rifatto a modelli<br />

diversi da quello italiano, e del resto assolutamente dominanti se si guarda con<br />

attenzione all’analisi comparata.<br />

La maggioranza degli ordinamenti penali europei non prevede una distinzione,<br />

quanto a regime giuridico ed in particolare quanto a conseguenze sanzionatorie,<br />

tra quelli che noi definiamo, alla luce del dato normativo dell’art.<br />

56 c.p., come «desistenza volontaria» e «recesso attivo».<br />

Le due situazioni di fatto, distinte solo sul piano concettuale, vengono invece<br />

ricondotte nell’ambito di un unico istituto (Rücktritt nei paesi di lingua<br />

tedesca, desistencia in Spagna, ecc.), cui viene nella gran parte dei casi collegata<br />

la non punibilità dell’agente (salva la commissione di un reato con la parte<br />

di condotta già realizzata) ( 2 ), con l’eccezione del sistema inglese, nel quale invece<br />

anche in caso di desistenza si ha già tentativo punibile ( 3 ), e di quello<br />

croato, la cui peculiarità risiede nell’accomunare le due situazioni, prevedendo<br />

in entrambi i casi che l’esenzione da pena sia soltanto facoltativa (art. 34<br />

c.p.) ( 4 ).<br />

Fanno eccezione alla più diffusa regola ora richiamata le sole esperienze<br />

della Svizzera e della Turchia, che hanno una certa assonanza con la regola italiana<br />

( 5 ).<br />

Prima di chiudere questo paragrafo introduttivo dedicato ad osservazioni<br />

sparse, merita un piccolo rilievo l’annotazione critica, emersa nel corso della<br />

presentazione della traduzione italiana, motivata dal frequente ricorso del legi-<br />

( 2 ) Schema che peraltro mi è parso in altra sede di poter raccomandare anche al legislatore<br />

italiano, in prospettiva di riforma, per ragioni essenzialmente collegate ad un discorso teleologico<br />

sulla pena: si veda Fornasari, Per una diversa configurazione delle ipotesi di desistenza e recesso<br />

in un nuovo codice <strong>penale</strong>, inRiv. It. Dir. e Proc. Pen., 1994, 1336 ss.<br />

( 3 ) Si veda Vinciguerra, <strong>Diritto</strong> <strong>penale</strong> inglese comparato. I principi, 2 a ed., Padova, 2002,<br />

463.<br />

( 4 ) Consultabile nell’edizione bilingue: Il codice <strong>penale</strong> croato, introduzione di Pavisic, trad.<br />

di Baccarini, Bertaccini, Blaskovic, Marion, Pavisic, Padova, 1999, 62 ss.<br />

( 5 ) Sulle quali si può vedere, più in dettaglio, Fornasari, Il reato, inFornasari-Menghini,<br />

Percorsi europei di diritto <strong>penale</strong>, Padova, 2005, 95 ss.<br />

S E Z I O N E<br />

PENALISTICA<br />

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