Rivista Diritto penale 21 sec. n. 2-2006 - Cedam
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S E Z I O N E adelmo manna<br />
PENALISTICA L’imputabilità nel codice <strong>penale</strong> albanese del 1995<br />
232<br />
termine minimo e nonostante che da più parti, anche nella dottrina italiana, si<br />
sia giustamente criticata l’indeterminatezza nel massimo delle misure di sicurezza<br />
e si sia proposta, invece, la previsione di un limite oltre il quale non sia<br />
più consentita la privazione della libertà personale e ciò per evidenti ragioni<br />
garantistiche ( 31 ), in quanto, con la disciplina tradizionale, sussiste il fondato<br />
pericolo di una privazione della stessa ad libitum.<br />
Quanto al novero delle misure sanitarie, il codice <strong>penale</strong> albanese ne prevede<br />
due, ovverosia la cura obbligatoria in ambulatorio e quella in un’istituzione<br />
sanitaria, non meglio definita, mentre come misura educativa è prevista soltanto<br />
l’affidamento del minore in un’istituzione educativa, anch’essa non meglio<br />
specificata.<br />
Proprio a causa della genericità di dette misure, in cui non è dato cogliere<br />
alcuna caratteristica che ne denoti la dimensione penalistica, pur se risultano<br />
ricomprese nell’ambito del codice <strong>penale</strong>, le stesse inducono ad una più generale<br />
riflessione di politica criminale, ormai ineludibile per ogni legislatore contemporaneo,<br />
se sia cioè più opportuno risolvere il problema del trattamento<br />
dei non-imputabili, in primo luogo attraverso misure non penali, per lasciare<br />
solo in <strong>sec</strong>onda battuta l’intervento del diritto <strong>penale</strong>, laddove emergano specifiche<br />
esigenze di natura custodialistica.<br />
Quest’ultima è stata infatti la soluzione adottata nel Progetto di riforma del<br />
codice <strong>penale</strong>, elaborato dalla Commissione Grosso ( 32 ), alla quale sono state<br />
però mossi tre rilievi critici, non facilmente superabili, di cui il primo concerne<br />
il rischio di impregnare di forti contenuti di controllo sociale, e, dunque, di<br />
prevenzione generale, anche le misure non penali, nonostante che non siano<br />
strutturalmente attrezzate a questi nuovi compiti ( 33 ). Il <strong>sec</strong>ondo è nel senso<br />
che anche questa scelta di politica criminale possa rimanere lettera morta, laddove<br />
gli strumenti di carattere non penalistico non risultassero disponibili o<br />
affidabili ( 34 ). Il terzo rilievo pone un più generale problema di garanzie, nel<br />
( 31 ) Cfr. in tal senso, in particolare, già Musco, Le misure di sicurezza nel recente progetto di<br />
riforma del libro primo del codice <strong>penale</strong>: appunti critici e proposte alternative, inJus, 1974, 557<br />
ss.; nonché, più di recente, Bertolino, Fughe in avanti, cit., 183.<br />
( 32 ) Grosso (a cura di), op. cit., 77 ss.; cfr., in argomento, anche Pulitanò, La disciplina<br />
dell’imputabilità fra diritto e scienza, inLegisl. Pen., <strong>2006</strong>, 248 ss. e 256, che infatti testualmente<br />
afferma: «Un modello garantista, fortemente selettivo, di misure di trattamento di soggetti<br />
incapaci, può funzionare decentemente sul presupposto che, in via normale, funzionino gli<br />
istituti dello Stato sociale, cui i bisogni di trattamento dovrebbero essere in prima battuta affidati».<br />
( 33 ) In tal senso Bertolino, Fughe in avanti, cit., 186.<br />
( 34 )Così, di nuovo, Bertolino, op. ult. cit., 186-187.