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l'istituto italiano per gli studi filosofici e gli studi di economia

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quando scrive che nel 1848, nel 1859 e in tutte le vicende storiche<br />

dell’Italia meri<strong>di</strong>onale «si rinnovò la <strong>di</strong>mostrazione dell’inerzia,<br />

dell’immaturità politica, della scarsa combattività e dell’egoismo<br />

<strong>di</strong> gran parte della borghesia», una borghesia che si rivelò sempre<br />

inerte e «<strong>di</strong> scarso valore morale», e ricorda con commozione che<br />

«la sola tra<strong>di</strong>zione politica <strong>di</strong> cui l’Italia meri<strong>di</strong>onale possa trarre<br />

vanto è quella che mette capo a<strong>gli</strong> uomini <strong>di</strong> dottrina e <strong>di</strong> pensiero,<br />

i quali compirono quanto <strong>di</strong> bene si fece in questo paese, quanto<br />

<strong>gli</strong> conferí decoro e nobiltà e quanto <strong>gli</strong> preparò e <strong>gli</strong> schiuse un<br />

mi<strong>gli</strong>ore avvenire, e l’uní all’Italia», a que<strong>gli</strong> intellettuali napoletani<br />

che nel 1799 «trapiantarono in Italia l’ideale della libertà<br />

secondo i tempi nuovi, come governo della classe colta e capace,<br />

intellettualmente ed economicamente o<strong>per</strong>osa, <strong>per</strong> mezzo delle<br />

assemblee legislative, uscenti da piú o meno larghe elezioni popolari;<br />

e, nell’atto stesso, abbatterono le barriere che tenevano separate<br />

le varie regioni italiane, specialmente la meri<strong>di</strong>onale dalla settentrionale,<br />

e formarono il comune sentimento della nazionalità<br />

italiana, fondandolo non piú, come prima, sulla comune lingua e<br />

letteratura e sulle comuni memorie <strong>di</strong> Roma, ma sopra un sentimento<br />

politico comune».<br />

A buon <strong>di</strong>ritto, quin<strong>di</strong>, possiamo collocare Pasquale Saraceno<br />

in quella linea ideale scan<strong>di</strong>ta dai gran<strong>di</strong> nomi che hanno pensato<br />

e o<strong>per</strong>ato <strong>per</strong> unire insieme Mezzogiorno, Italia e Europa: dai<br />

martiri del ’99 napoletano ai padri del Risorgimento, fino a Benedetto<br />

Croce e a Luigi Einau<strong>di</strong>. Anche <strong>per</strong> lui possono valere, nonostante<br />

l’indubbia <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> indole e cultura delle due <strong>per</strong>sonalità,<br />

le parole che in occasione del convegno promosso a Bergamo<br />

nel 1990 dall’Istituto Italiano <strong>per</strong> <strong>gli</strong> Stu<strong>di</strong> Filosofici, sul tema “Il<br />

<strong>di</strong>battito sull’unità dello Stato nel Risorgimento <strong>italiano</strong>”, Giovanni<br />

Spadolini de<strong>di</strong>cava a Silvio Spaventa: fu un uomo che ebbe<br />

una fede assoluta in «quell’unità italiana che sembra oggi ri<strong>di</strong>scussa<br />

e oggetto <strong>di</strong> contestazioni o <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssacrazione da parte <strong>di</strong> chi<br />

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