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l'istituto italiano per gli studi filosofici e gli studi di economia

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presa resta come un centro isolato che deve auto<strong>di</strong>fendersi con <strong>gli</strong><br />

stessi mezzi impiegati dall’impresa concorrente. Si creano le con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>per</strong> cui la sua sopravvivenza comporta la tentazione <strong>di</strong> forgiare<br />

la politica e con<strong>di</strong>zionare le istituzioni. Se è vero che il “ren<strong>di</strong>mento<br />

reale delle istituzioni è modellato dal contesto sociale<br />

all’interno del quale esse o<strong>per</strong>ano”, non v’è dubbio che, in carenza<br />

<strong>di</strong> “capitale sociale”, si avranno insieme istituzioni inefficienti ed<br />

imprese deboli.<br />

Ma il “capitale sociale”, definito <strong>per</strong> convenzione come “l’insieme<br />

delle reti associate a norme, valori e intese con<strong>di</strong>vise che<br />

facilitano la coo<strong>per</strong>azione all’interno o tra i gruppi”, non sembra<br />

essere il fattore davvero scarso nel Mezzogiorno dove “norme”,<br />

“valori, “intese con<strong>di</strong>vise” rapporti interin<strong>di</strong>viduali anche <strong>di</strong> assistenza<br />

sono assai <strong>di</strong>ffusi e dove la partecipazione elettorale è tra<strong>di</strong>zionalmente<br />

elevata (v. D. Robert Putnam).<br />

Ed infatti i tentativi <strong>di</strong> misurare questo “capitale sociale” nel<br />

Nord e <strong>per</strong> il resto d’Italia, <strong>per</strong> un secolo, compiuti da G. Nuzzo<br />

e pubblicati <strong>di</strong> recente dalla Banca d’Italia devono fare riflettere.<br />

Secondo questi dati il capitale sociale del Mezzogiorno, che era<br />

all’inizio del ‘900 poco piú del 50% <strong>di</strong> quello del Centro-Nord,<br />

sarebbe un secolo dopo su<strong>per</strong>iore all’80%. La <strong>di</strong>namica <strong>di</strong> questo<br />

avvicinamento è poi peculiare: il recu<strong>per</strong>o del Mezzogiorno<br />

rispetto alle regioni del Centro-Nord sarebbe stato rapido ne<strong>gli</strong><br />

anni ’60 e poi ne<strong>gli</strong> anni ’90, <strong>per</strong> ragioni <strong>di</strong>verse, quasi opposte.<br />

Durante <strong>gli</strong> anni ’60 sarebbe stato l’intenso processo <strong>di</strong> industrializzazione<br />

(dovuto in larga parte alle imprese a Partecipazione statale)<br />

a determinare tale risultato. Durante <strong>gli</strong> anni ’90 l’esito<br />

sarebbe da attribuire ad una reazione <strong>di</strong> tipo “<strong>di</strong>fensivo” (quasi <strong>di</strong><br />

sopravvivenza) posta in atto dalla società meri<strong>di</strong>onale, una volta<br />

constatati la fine della politica meri<strong>di</strong>onalistica classica, il clima<br />

ostile con il quale il Mezzogiorno era <strong>per</strong>cepito al Nord, la interruzione<br />

<strong>di</strong> una pur necessaria politica delle o<strong>per</strong>e pubbliche.<br />

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