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Dispense

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4.1. INTRODUZIONE 197<br />

Ora bisogna identi…care la stagionalità. Intanto va identi…cato il periodo P , cioè ogni quanto<br />

secondo noi le coe si ripetono (approssimativamente). A volte ci sono banali ragioni stagionali<br />

o economiche per decidere P (es. P = 12 in molte ovvie situazioni), a volte potremmo trovare<br />

P a partire dai dati osservando i picchi dell’autocorrelazione empirica, acf. Deciso P , un<br />

modo banale per calcolare la componente Sn è quello di fare la media dei valori sui periodi.<br />

Ad esempio, per una serie mensile relativa agli anni 2000, ... , 2008, il valore S1 di gennaio si<br />

calcola facendo la media aritmetica dei valori di tutti i mesi di gennaio, e così via. Per S12+1,<br />

S24+1, si prendono gli stessi valori. La serie Sn così ottenuta sarà esattamente periodica.<br />

A questo punto si può calcolare "n = Xn Tn Sn, ra¢ gurarlo (se è una serie storica) e<br />

capire se è abbastanza stazionario. Ad esso si possono applicare i modelli AR.<br />

Il software R mette disposizione due comandi molto pratici per eseguire una decomposizione<br />

di una serie: decompose e stl. A di¤erenza del caso dei metodi ARIMA e HW, prenderemo<br />

questi metodi un po’empiricamente, senza svilupparne una vera teoria. Comunque,<br />

spendiamo due parole su di essi. Il comando decompose calcola il trend Tn col metodo della<br />

media mobile, facendo una scelta simmetrica per la collocazione temporale delle medie<br />

calcolate: usa per il calcolo di Tn una …nestra centrata in n, aperta un po’a destra ed un<br />

po’ a sinistra. Ottenuto il trend con la media mobile, lo sottrae e calcola Sn mediando i<br />

periodi, come abbiamo detto sopra. Concettualmente, decompose calcola il trend in modo<br />

locale (usando cioè una …nestra), mentre calcola la stagionalità in modo gobale (usando cioè<br />

tutta la serie ed ottenendo un risultato sempre uguale sui diversi periodi).<br />

Il comando stl invece e¤ettua un calcolo locale sia del trend sia della stagionalità, con<br />

un complesso sistema iterativo che non decriviamo. Si vedrà l’e¤etto negli esempi.<br />

4.1.3 La media di più metodi<br />

L’esperienza mostra a volte che facendo la media tra varie previsioni, si ottiene una previsione<br />

migliore. Non c’è nessuna base teorica di questo fatto se non la seguente, che però è basata<br />

su ipotesi. Supponiamo che le diverse previsioni siano come le realizzazioni casuali di una<br />

grandezza aleatoria P , che ha come valor medio P il valore giusto che vorremmo prevedere,<br />

ma che per una serie di accidenti casuali produce valori diversi da P . In questa ipotesi, se<br />

p1; :::; pn<br />

sono varie previsioni, nel senso che sono un campione estratto da P , allora la loro media arit-<br />

metica p = p1+:::+pn<br />

n sarà una stima di P migliore dei singoli valori p1; :::; pn (pur essendoci<br />

magari tra i vari valori p1; :::; pn alcuni più vicini a P di quanto non sia p, però non sappiamo<br />

quali siano e quindi non li possiamo scegliere).<br />

Nella pratica, p1; :::; pn sono ottenuti tramite algoritmi diversi, scelte diverse di opzioni<br />

e parametri di certi algoritmi. Si può immaginare che la variabilità di queste previsioni sia<br />

simile in natura alla variabilità di un campione estratto da una variabile aleatoria? Non è<br />

ovvio credere in questa ipotesi. Tuttavia, a volte il metodo della media tra previsioni funziona.<br />

decentemente.<br />

In una cosa però cade il paragone col campione casuale. Mentre per un vero campione<br />

casuale p1; :::; pn estratto da P non abbiamo alcun criterio di scelta di un singolo valore k che<br />

sia più vicino a P di quanto non sia p, nel caso dei valori p1; :::; pn ottenuti da n algoritmi

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