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Post/teca<br />

appannata del mitico affabulatore - e bevitore - Gian Carlo Fusco. Ci ha permesso di<br />

capire che, in fondo, il vero giallo italiano esisteva già negli Anni Trenta, e che il suo<br />

nome era Augusto De Angelis.<br />

De Angelis, il grande padre putativo dei nostri thrilleristi, autore di almeno tre<br />

granitici capolavori:Il candeliere a sette fiamme, L'Albergo delle Tre Rose e Il<br />

mistero delle tre orchidee. Romanzi datati tra il 1935 e il 1942, quando le traversie<br />

del declino fascista cominciarono a costituire un'insidia per l'appartato e poco<br />

militante giornalista De Angelis. Il destino di questo generoso narratore doveva<br />

compiersi con la beffa di una lite casuale - e fatale - a Bellagio, nel 1944, a un passo<br />

dalla fine del conflitto e dopo mesi di pesante carcerazione.<br />

Ma prima della misera fine quasi da romanzo d'appendice, il romano Augusto De<br />

Angelis - classe 1888 - ne aveva scritti a decine, di romanzi, fino al successo<br />

popolare con la serie del commissario De Vincenzi. Libri di viaggio, corrispondenze<br />

dal fronte libico, racconti esotico-avventurosi per la rivista torinese Le grandi firme<br />

di Pitigrilli. Molte «vite romanzate», da Cleopatra a Maria Antonietta al figlio di<br />

Napoleone. E poi De Vincenzi: nascita e imprese - ancora oggi appena velate da<br />

qualche sporadico arcaismo linguistico - di un uomo di legge normale, arguto ma<br />

non sovrumano, politicamente appartato, sentimentalmente indefinito. Un eroe<br />

quotidiano senza fisionomia concreta, portato al successo nella tv di Stato Anni 70<br />

con il volto espressivo, ma forse troppo teatrale del grande Paolo Stoppa.<br />

De Vincenzi si muove in una Milano sfuggente, deserta di sera - non c'era ancora<br />

nulla «da bere», forse - dove la campagna è a un tiro di fionda e la borghesia,<br />

spesso, cela segreti insospettabili. La generosa caratterizzazione dei personaggi<br />

riflette un'ansia - o una inconscia consapevolezza - di modernità piuttosto lontana<br />

dai clichés tipici del periodo di esaltazione fascista. Cognomi anche stranieri fanno<br />

capolino qua e là nel risvolto delle trame, ma la sostanza tutta italiana dei soggetti è<br />

assai distante dagli impedimenti causati dalle legge del 1937 che non voleva<br />

criminali italici nelle storie gialle. I criminali di De Angelis sono invece<br />

sfacciatamente tricolori, e la cadenza trainante dei suoi romanzi lascia intuire la<br />

lezione di Poe ma - soprattutto - la conoscenza profonda e recente di un certo<br />

Freud.<br />

In Sei donne e un libro, del 1936 (Sellerio, pp. 330, euro 13), De Vincenzi è alle<br />

prese con l'omicidio di un senatore donnaiolo e della sua giovane cameriera. Delitti<br />

all'apparenza scollegati, che sembrano trovare un punto d'incontro nella libreria in<br />

cui è stato scoperto il cadavere dell'uomo e nel furto di un antico libro di argomento<br />

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