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Post/teca<br />

incontrato altri compagni amanti della poesia. Ma soprattutto ho avuto la fortuna di avere Luciano<br />

Anceschi come professore di filosofia, al Liceo Scientifico Vittorio Veneto di Milano (mio padre<br />

s’era messo in testa che avrei dovuto fare l’ingegnere). Era il 1952. Anceschi era un uomo di<br />

straordinaria generosità; si interessò ai miei primi versi, ed entrammo in un rapporto stretto che<br />

conservammo per tutta la vita. Diventai subito il ragazzo di bottega del «verri», alla sua fondazione<br />

nel ’56. Fu un’esperienza decisiva, entrai nel mondo letterario da quella che allora non sembrava,<br />

ma in effetti era, la porta principale. Nello stesso anno lessi Laborintus di Sanguineti. Aveva solo<br />

cinque anni più di me, ma a me pareva una distanza decisiva; l’ho subito considerato il mio<br />

maestro e infatti l’ho sempre chiamato così, “Maestro”.<br />

AC<br />

Una delle frasi che colpiscono, in Caosmogonia, è presa da Francis Bacon: Ciò che conta è ciò<br />

che avviene senza sapere quale sarà il risultato. A me, guardando a quegli anni, pare vero il<br />

contrario di quello che si tende a dire oggi, che ci fosse cioè un ragguardevole sforzo progettuale i<br />

cui èsiti letterari non furono però alla sua altezza. Al contrario, a guardare au ralenti quel momento<br />

si vedono tentativi che vanno in tutte le direzioni, e lo sforzo teorico era per lo più ex post. Ancora<br />

da Caosmogonia: all’improvviso succede qualcosa di cui l’istinto si appropria / catturare il fatto nel<br />

suo momento più vitale.<br />

NB<br />

Ma basta vedere cosa facevano in poesia i Novissimi, sono poeti che andavano in direzioni molto<br />

diverse l’uno dall’altro. Alle riunioni del Gruppo 63 le baruffe non erano teatro, c’era una distanza<br />

persino esasperata fra noi. C’era per esempio il neosurrealismo di «Malebolge», di Corrado Costa<br />

o Adriano Spatola, che aveva davvero poco a che fare con me o con Sanguineti…<br />

AC<br />

Del resto lo teorizzava proprio Anceschi, che la poesia non dovesse essere post rem, applicazione<br />

o “traduzione” estetica di una concettualizzazione elaborata altrove…<br />

NB<br />

… al contrario: teoria, poetica e critica erano innestate nella poesia stessa.<br />

AC<br />

Nell’organigramma della neoavanguardia, al tuo nome resta legata questa spinta al fare,<br />

all’organizzare. Ancora Caosmogonia: la sensazione di essere mortale / anima la vita / ottimista<br />

senza speranza.<br />

NB<br />

È un po’ la mia croce, essere sempre stato delegato a questo ruolo quando si trattava di<br />

organizzare convegni, festival, riviste… Posso avere alcune qualità organizzative, ma non è che<br />

dovessi farlo a tutti i costi. Nessuno ne voleva sapere; mi ci incastravano tutte le volte, finché è<br />

parso naturale che mi occupassi sempre io degli aspetti organizzativi. Ancor oggi, con alfabeta2,<br />

mi capita questa cosa. Poi c’è stato anche il mio lavoro editoriale, a insegnarmi qualche trucco del<br />

mestiere.<br />

AC<br />

Tu hai lavorato in un’editoria che era già un fenomeno industriale, ma assai diversa da quella di<br />

oggi.<br />

NB<br />

Come dicevo prima, ho avuto fortuna. Ho iniziato a lavorare nell’editoria negli anni Sessanta, alla<br />

Feltrinelli, dove ho incontrato subito un personaggio come Giangiacomo Feltrinelli. Sono stati anni<br />

appassionati, anni felici, anni straordinari. Ma anche l’Einaudi e la Bompiani erano case editrici di<br />

prim’ordine. C’era una quantità di persone della mia generazione che ci lavorava. Ed erano<br />

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