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Post/teca<br />

barocco e le stesse ispirate metafore che hanno portato Vendola dove è arrivato<br />

oggi.<br />

La velocità non è solo un parametro con il quale misuriamo i nostri tempi, ma è un<br />

valore in nome del quale pieghiamo il tempo in rigide compatibilità, lo frantumiamo<br />

in orari convulsi e nevrotici, lo scandiamo anzi ci scandisce, con un tic tac estraneo e<br />

quasi beffardo. È l’orologio di questa organizzazione dei rapporti sociali che decide<br />

del mio tempo, annullando con feroce disinvoltura i tempi del mio corpo, dei miei<br />

bisogni, per esempio del mio bisogno di prendere tempo o di perdere tempo.<br />

È un tempo ferito, il mio tempo: non mi mancano solo gli spazi nella città nemica e<br />

spaccata in mille fette di solitudine, mi manca il mio tempo, e ho sempre una fottuta<br />

paura di non essere, di non giungere “in tempo”. Il tempo della politica e il tempo<br />

della vita: che allucinante assenza di sincroni il tempo affannoso, dolente, insonne,<br />

di quella mia compagna malata di cancro. Il tempo di chi ha poco tempo. Il tempo<br />

del desiderio, di un desiderio che non vuole lasciarsi infilzare dalle dispotiche<br />

lancette del tempo della produzione o del tempo della morale: la mia voglia di<br />

amare quel ragazzo che amo, gridando al mondo intero che non è più “tempo” di<br />

amare nella vergogna, nella colpa, nel silenzio, nella paura, nella clandestinità, nella<br />

violenza, o di amare soltanto nella tremenda fretta di un incontro senza storia.<br />

L’etica e l’estetica del cespuglio, della lampo (lampo che ti folgora di caducità):<br />

anche lì tra quelle umanissime e ombrose fratte metropolitane il tempo troppo<br />

spesso è altro da te, È un tempo brutale.<br />

Se volete leggerlo tutto, è qui:<br />

è interessante ed è l’inizio di una storia. Storia che<br />

colpì rapidamente i giornali, tanto che ancora Repubblica affidò subito a Stefano<br />

Malatesta un ritratto del nuovo personaggio, pubblicato col titolo “Il gay della FGCI”<br />

il 19 marzo.<br />

Nichi Vendola ha 26 anni, è pugliese. Qualche giorno fa è stato eletto membro della<br />

segreteria nazionale della Fgci, la Federazione giovanile comunista. Ha un viso<br />

gradevole. In testa calza un berretto blu con visiera, da studente svedese. Intorno al<br />

collo è annodata una sciarpa di lana bianca. Porta al lobo sinistro un orecchino<br />

d’oro. Nichi Vendola è un gay, il primo attivista omosessuale entrato a far parte<br />

della dirigenza comunista. Dice senza asprezza polemica: “Sono sicuro che parlerai<br />

dell’ orecchino d’ oro. Ho già dato un’ intervista in cui raccontavo un po’ di cose,<br />

fatti personali e politici. Dopo ho avuto dei timori, credevo che ci fossero reazioni a<br />

Roma, nel partito. Invece i compagni sono stati benevoli. Mi hanno però avvertito:<br />

stai attento a non farti ingabbiare nel clichè, il gay alle Botteghe Oscure, eccetera.<br />

Prima c’ erano i funzionari infagottati nei doppipetti grigi tagliati male, con le<br />

cravatte stonate in raso. Adesso l’ omosessuale con l’ orecchino. Al congresso<br />

giovanile avevo un magnifico, luminescente papillon sopra una camicia a righe. Dì,<br />

vuoi che ti stringa la mano sotto il tavolo?”. Rispondo che il passaggio sotto le<br />

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