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Post/teca<br />

Alla fine Sibson viene assunto nella sua squadra e spedito a lavorare nella cittadina di Dreux.<br />

Come scrive nel diario, raccontandosi in questo caso in terza persona, «Monsieur Le Bossu in<br />

persona raccomandò a Trajan di portare con sé quell'inglese minuto». Sibson, a questo punto,<br />

segue il suo destino. Mentre gli archivisti della Tate iniziano a indagare su Le Bossu. «Gli scultori e<br />

gli incisori descritti nel diario di Sibson - fanno notare - lavoravano in un atelier vicino alla Ecole<br />

des Beaux Arts situata nel sesto arrondissement di Parigi». Ovvero il quartiere dove viveva il<br />

giovane Victor Hugo. Che, tra le altre cose, prese molto a cuore il restauro di Notre Dame. «A<br />

Hugo non andava a genio il progetto di restauro del transetto settentrionale, firmato dall'architetto<br />

Etienne-Hippolyte Godde», ricorda Glew. Tanto è vero che Hugo, insieme con altri intellettuali, fu<br />

tra i sostenitori del Comité historique des Arts et Monuments, che promosse l'uso di uno stile più<br />

simile al gotico.<br />

L'autore di Notre Dame de Paris, pubblicato nel 1831, conosceva dunque molto bene la cattedrale.<br />

«Visto il suo interesse per i lavori di restauro e la vicinanza tra la sua abitazione e la bottega di Le<br />

Bossu - avanza Glew - è possibile che Hugo avesse visto, o persino conosciuto, Trajan e il suo<br />

capo, il Gobbo». Tanto più che, in una prima versione dei Miserabili, il protagonista del romanzo -<br />

guarda caso - era stato battezzato da Hugo Jean Trajean, divenuto Jean Valjean solo nella<br />

versione successiva. Una coincidenza? Forse. Sta di fatto che un gobbo, a Notre Dame, c'era sul<br />

serio. Il resto lo ha fatto la fantasia di Hugo.<br />

fonte: http://<br />

www3.<br />

lastampa.<br />

it/<br />

cultura/<br />

sezioni/<br />

articolo/<br />

lstp/300442/<br />

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18/08/2010 - IL CASO<br />

Parlo arabo? Mica tanto<br />

Lingua in declino in tutto il Medio Oriente. Dal Libano alla Siria iniziative per salvarla<br />

ELENA LOEWENTHAL<br />

Imprevedibili risvolti della globalizzazione. A Milano i pizzaioli egiziani superano alla grande i<br />

napoletani (119 contro 10 partenopei doc e una trentina di campani). Del resto, millenni prima che<br />

arrivasse la Margherita, dalle loro parti s'inventava la pita, focaccia di acqua e farina cotta su pietra<br />

rovente. In compenso, o meglio per contrappasso, su una via di Beirut si incrocia il nastro giallo<br />

che la polizia usa per delimitare gli incidenti stradali. Porta scritto a grandi caratteri «Non uccidete<br />

la nostra lingua» e contorna una bella consonante in arabo, dipinta sull'asfalto.<br />

Questa originale iniziativa si deve agli organizzatori di un festival dell'arabo (inteso come lingua),<br />

tenutosi in questi giorni nella capitale libanese per iniziativa di un'associazione non governativa<br />

201

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