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Post/teca<br />

Un libro simbolo di quel tempo?<br />

NB<br />

C’erano delle cose che all’estero erano stranote ma in Italia apparvero, allora, come novità<br />

dirompenti. I Cantos o l’Ulisse per esempio. Ho cominciato a scrivere poesie nell’adolescenza,<br />

effusivamente, come si fa in quell’età – qualcosa che con la poesia vera e propria, con l’arte del<br />

linguaggio, com’è ovvio non aveva niente a che fare (anche se, oggi come allora, non manca chi<br />

pensa che la poesia sia quello che Sanguineti chiamava il “poetese”, appunto l’effusione<br />

sentimentale del soggetto). Leggere poeti come Rimbaud e Pound, che a scuola erano<br />

sconosciuti, mi ha fatto capire che dovevo andare in una direzione diversa. E che, soprattutto,<br />

dovessi inventarmi qualcosa di nuovo, io personalmente.<br />

AC<br />

Il tuo ultimo lavoro, Caosmogonia, uscito all’inizio di quest’anno nello «Specchio» Mondadori,<br />

dispiega pienamente quest’idea della poesia come «arte del linguaggio». Ogni poemetto mostra<br />

istanze diverse, modalità anche contrastanti.<br />

NB<br />

Sì, i primi tre componimenti si ispirano a degli influssi diversi – parole di Bacon, Cage e Godard<br />

che ho ritagliato e montato e che mi servono per dichiarazioni di poetica, o di etica se vuoi. La<br />

parte centrale è per me abbastanza nuova, perché si tratta di una specie di flusso di accostamenti<br />

verbali che ha a che fare con la logica dell’inconscio. Come ama dire Eco, siccome ho sempre<br />

usato il collage verbale io in effetti non ho mai scritto una parola di mio; è un’esagerazione ma c’è<br />

del vero, perché anche le parole mie le ho sempre usate in modo impersonale. Qui ho lasciato<br />

invece parlare la lingua del mio inconscio, come fosse quella di un estraneo.<br />

AC<br />

È come se la frantumazione stavolta fosse avvenuta in un’altra sede, a livello onirico…<br />

NB<br />

L’inconscio si è messo a parlare, e io l’ho lasciato fare.<br />

AC<br />

In fondo sei molto liberale. Lasci sempre parlare la gente – e dunque anche l’inconscio, perché<br />

no? Tornando alla tua formazione: make it new di Pound è stato lo slogan decisivo?<br />

NB<br />

La poesia dei Cantos non aveva niente a che fare con quello che conoscevo all’epoca. L’uso<br />

materico del linguaggio, lo scardinamento della “lingua madre”, l’ideogramma. Ma anche il<br />

personaggio, l’icona di Rimbaud, il faut être absolument modernes.<br />

AC<br />

Pound era anche l’autore di culto della tua couche milanese… Vanni Scheiwiller, Aldo Tagliaferri,<br />

Leo Paolazzi cioè il futuro Antonio Porta…<br />

NB<br />

Ho un ricordo forte di una lettura di Pound a Milano appunto; il suo ritmo come un basso continuo,<br />

una specie di mantra sonoro. Non c’erano solo l’imagismo o la poesia visiva; la matericità del<br />

linguaggio era un ritmo corporeo di straordinario coinvolgimento. Pound fu decisivo anche come<br />

critico; è stato lui a insegnarci, per esempio, che un classico dell’Ottocento come L’educazione<br />

sentimentale di Flaubert anticipava già l’epica del quotidiano che deflagra nell’Ulisse di Joyce.<br />

L’educazione sentimentale mi affascinava fin dalla giovinezza: la critica spietata e appassionata<br />

della borghesia e del suo romanzo attraverso una scrittura che annega l’illusione romantica nella<br />

banalità quotidiana, una struttura senza trama e senza eroi che sfilaccia l’esistenza borghese in<br />

una scettica consapevolezza di inutilità, corruzione e fallimento… La couche… a scuola ho<br />

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